Con il taccuino in mano, a ricevere passivamente la dichiarazione per i lettori del suo giornale (il cui editore era lo stesso produttore del film, diceva) c’era un giornalista.
Sono passati sessant’anni. Che cosa possiamo aggiungere a questa fulminante lettura? Si potrebbe pensare che non sia cambiato molto, nonostante tutto sia cambiato. Ma possiamo anche dire che nei decenni successivi ne abbiamo viste di efferatezze, di rapporti criminali tra istituzioni e spie, tra fascisti e organismi internazionali, con tutta la declinazione in bombe, stragi, martirio per la povera gente e ferocia crescente. Abbiamo visto morire persone innocenti, prese a caso; abbiamo visto cadere per mano assassina gente per bene che credeva nella democrazia. Abbiamo assistito a inchieste su inchieste per capire che cosa avesse insanguinato e corrotto la nostra giovane democrazia, e ogni volta queste inchieste sono finite nelle secche, ogni volta un muro di gomma. Qua e là hanno condannato un esecutore, neanche sempre. Mai gli ideatori della strategia. Un caso? Una dimenticanza o un’impossibilità?
In tutto questo l’uomo medio? Inconsapevole.
Non conosciamo i mandanti delle stragi di mafia, neanche quelli che hanno orchestrato la tragica stagione delle bombe; tantomeno sappiamo qualcosa di utile sulla strage di Ustica. Inutile fare un elenco. È lungo, lunghissimo. Sappiamo però che sempre i servizi segreti hanno depistato. Sempre hanno lasciato tracce fasulle per deviare le indagini; sempre hanno nascosto le eventuali responsabilità di Stato o di Stati, sarebbe più giusto dire. E quasi sempre politica e media si sono accodati a verità apparenti e farlocche, a fonti autorevoli che autorevoli non lo erano, a bugiardi patentati in doppiopetto. Hanno raccontato ai cittadini della nostra democrazia una realtà apparente, edulcorata quando serviva, drammatizzata in altre circostanze. Ma nel segno di ciò che in una democrazia è necessario sapere per capire, per farsi un’idea, per andare a votare con consapevolezza.
Quale il fine di tutta questa follia? Ogni atto di terrore è servito ad educare e minacciare. Ogni mostro, ogni pericoloso delinquente ha operato per far crescere conformismo, qualunquismo, accettazione dei fenomeni coloniali, razzismo. Ogni destabilizzazione dell’ordine pubblico è stata efficace per stabilizzare un ordine politico oscuro ai nostri occhi. Abbiamo vissuto, sognato, amato, creduto nei valori della democrazia e della bellezza come se fosse esistito un doppio Stato. E così sono andate le cose: un doppio Stato ed evidentemente una doppia fedeltà, che spiega anche perché i servizi segreti non sono mai stati “deviati”, ma hanno agito con le coperture di un potere superiore, quello della fedeltà atlantica, per esempio.
Non racconto niente di nuovo. Sono tutte storie documentate e che compaiono su libri, inchieste parlamentari e altri studi sulla sovranità limitata della nostra repubblica. Storie mortificanti per la nostra democrazia, ma rimosse. Nel migliore dei casi messe nel dimenticatoio della storia, ridotte a niente, a materiale di studio per storici del futuro che un giorno si stupiranno e giudicheranno.
Caduto il muro di Berlino, crollato quel sistema di contrapposizione che rappresentava, finita la Guerra fredda, sembrava tutto potesse cambiare. Invece no. Il muro dei segreti è rimasto lì, feroce e protetto da un’obbedienza assurda. La politica non ha voluto né potuto fare i conti con il passato, adeguandosi per forza di cose alla distruzione della memoria collettiva in atto nella nostra cultura, all’appiattimento della storia, ridisegnata ad uso del più forte, facendo finta che non fosse successo niente, che le persone morte ammazzate non fossero esistite o fossero danni collaterali in una democrazia dimezzata, in cui l’addestramento all’obbedienza e la repressione, sono strumenti politicamente accettati.
Tornando a Pasolini. Oggi l’uomo medio è forse più conformista, più razzista, con venature di arroganza e quel fondo di cialtroneria che aiuta a sopravvivere. È l’uomo medio dei media. Ieri silente, pronto a passare le veline del Sifar per fare carriera, nella storia incapace i chiedere rispetto e giustizia per le efferatezze compiute sulla pelle degli innocenti; sempre pronto ad adeguarsi al vantaggio inequivocabile rappresentato dalla legge del più forte, attentissimo alle quisquilie e distratto di fronte a macigni che anno dopo anno hanno minato la nostra convivenza democratica, privandoci di riferimenti culturali e politici, estirpando pensiero critico e agevolando la scalata al potere di perfetti imbecilli, adeguatissimi al ruolo e all’obbedienza.
Il mostro è sempre il mostro, ma adesso ha fatto carriera. Lo vedi nei palazzi del potere, lo vedi aggirarsi nelle redazioni con l’elmetto, la pantofola comoda, e la mimetica nel cuore, sempre in trincea nella battaglia che vede in campo gli estremisti del banale, i passacarte di successo, votati alla dimenticanza, alle semplificazioni che creano azzeramento culturale. Sono quelli che sanno tutto del lavoro, del terrorismo, della pandemia, di come campano i giovani, dei diritti di alcuni alla faccia dei diritti sociali di tutti, e oggi sono in guerra. Mentre fuori il mondo ci sta per crollare addosso, schiacciati come siamo tra la follia di Putin e l’ignoranza efficace degli americani, in un sistema in cui abbiamo fatto finta di fare politica, di batterci, di costruire case comuni, di fare dell’Europa un qualcosa in più di una parola. E invece non è neanche quella.
Camminiamo sulle macerie, guidati dagli obbedienti di successo, senza prospettive, in attesa che altri decidano la nostra sorte, la nostra fame, il lavoro, la vita o la morte. Sempre pronti a scattare sull’attenti per condividere e diffondere allarmi e paure, prese di posizioni radicali e curiosamente sempre dalla parte del padrone, solidarietà e accettazione, senza memoria, senza ragioni, senza capire il perché.
Caro Pasolini, che vista lunga che avevi…