
“Overlasting war”, guerra di resistenza, guerra lunga e di logoramento. Non lo diciamo noi. Lo dicono, anzi, lo proclamano, i loro esperti di strategia e lo cominciano ad ammettere “officials” di primo piano dell’Amministrazione Biden, come il Segretario alla Difesa, Lloyd Austin. L’invasione russa ha preso una piega che ha colto alla sprovvista la quasi totalità degli analisti. Molti avevano sovrastimato la forza dell’esercito di Putin. O, forse, non ritenevano gli ucraini capaci di opporre una feroce resistenza, tale da infliggere al nemico perdite esponenziali. Fino a farle diventare quasi inaccettabili. Bene, è proprio quello che è successo e che ha fatto cambiare, “in corsa”, tutte le strategie di Washington, dal campo di battaglia al terreno più squisitamente politico.
Al Consiglio per la sicurezza nazionale (il “pensatoio” di ultima istanza della Casa Bianca) hanno visto quella che si chiama “una finestra di opportunità”. Se il mostro non è così brutto, perché l’esercito di Putin sta sbattendo contro un muro di cemento armato, allora questa può essere l’occasione buona per raffreddare i bollenti spiriti della Russia. Definitivamente. Da qui la decisione di premere sull’acceleratore dello scontro, alzando la soglia dell’escalation. E cominciando a rifornire Zelensky con tutte quelle armi pesanti che fino a questo momento gli sono state negate.
Tutti quelli che, in Occidente, ai piani alti dei governi, dicevano a bassa voce che Kiev sarebbe caduta in una settimana, adesso, come ha scritto il “Financial Times” per la Germania, hanno fatto un’inversione a U. Ora “si può vincere” ha ammesso Lloyd Austin, “anche se la guerra sarà lunga”. Si parlava di resistenza ucraina e “guerra di logoramento”. È proprio questo l’articolo (ma sarebbe meglio dire il saggio scientifico) proposto, qualche giorno fa, dalla “Bibbia” delle pubblicazioni militari: la prestigiosissima “Military Review”Usa. I tre analisti (Marc DeVore, Andrew Orr e Ash Rossiter) in sostanza, scrivono che “gli Stati Uniti possono aiutare il governo ucraino a mostrare ai russi che può mantenere il suo esercito in campo molto più a lungo di quanto avessero immaginato.
Più a lungo resiste l’Ucraina, maggiori saranno gli effetti delle sanzioni sull’economia russa. La combinazione di una crescente sofferenza economica, un numero elevato di vittime e una guerra senza fine può massimizzare la pressione su Putin, affinché cerchi una soluzione negoziata”. Cioè, in parole povere, viene stravolto il vecchio detto latino “si vis pacem para bellum”, che così diventa “se vuoi la pace, fai la guerra”. In sostanza, è la debolezza dell’armata russa, impantanatasi in mezza Ucraina, nonostante l’imponente impiego di uomini e mezzi (obsoleti), ad avere convinto gli americani che, per ora, è meglio combattere che trattare.
D’altro canto, alla stessa valutazione sulle effettive potenzialità dell’esercito di Putin, arriva un approfondito report dell’Economist. Il titolo già dice tutto: “Quanto è marcio l’esercito russo”? L’articolo non è una riflessione. È un vero e proprio atto di accusa. Le testimonianze riportate (quelle di alti ufficiali occidentali) non ammettono dubbi. Chi doveva sapere sapeva e faceva finta di non vedere. Nella sfera militare, in molti conoscevano il “grande bluff” di Putin. Ovverossia, che le sue forze armate, a parte la componente nucleare e qualche punta di lancia avanzata, nel complesso erano un vero catorcio. Di più. Un sacco vuoto parato all’impiedi, come scoperto dall’intelligence occidentale, quando si è accorta che Mosca barava, gonfiando le cifre dei suoi effettivi e dei suoi armamenti convenzionali.
Ma Putin la prima scoppola l’aveva già presa in Georgia, nel 2008. Dopo quella data, in termini reali ha raddoppiato le spese militari e ha cercato di modernizzare armi, apparati tecnologici e organizzazione di comando. Ma senza ottenere, come si è visto, risultati particolarmente brillanti. Altro che Protocollo Gerasimov! I nuovi piani di battaglia sembrano usciti dalla macchina del tempo di Wells: gragnuole di razzi, colpi di mortaio, obici e missili sparati a casaccio; e ancora, assalti di soldati, che cadono e vengono rimpiazzati, a ondate, secondo il principio di “saturazione”. Una cosa è, però, sicura.
Chi non è stato capace di conquistare Mariupol, ma l’ha saputa solo cancellare dalla carta geografica, assieme ai suoi abitanti, sarà mai in grado di attaccare anche un solo kilometro dell’altra Europa? Lo raccontino a qualcun altro. Diciamoci la verità: Putin, non ha né lo spessore culturale di Pietro il Grande e manco la lucida follia di Ivan il Terribile. È solo prigioniero, come una certa Russia, di un passato che è, assieme, glorioso, oscuro e tragico. E che lui cerca, nevroticamente, di riesumare dalle catacombe della storia, pronto a pagare e a far pagare qualsiasi prezzo, pur di riuscirci. Ma un morto, può mai risuscitare?