
«Messi da parte sogni presidenziali, ne ha subito venduti altri due ai sostenitori: essere primo ministro e unire le truppe sparse della sinistra, dal partito socialista – ormai ridotto ai minimi termini – ai verdi, dai comunisti ai radicali».
L’attenzione al duello Macron-Le Pen ha relegato Jean-Luc Mélenchon al poco entusiasmante ruolo di serbatoio di voti. Oggi, l’analisi dei flussi consentirà di valutare come si sono distribuiti fra gli sfidanti e quanti si sono dispersi, posto che il leader di «France Insoumise» aveva lanciato l’appello affinchè «non un solo voto» andasse all’estrema destra.
Ma Mélenchon ritiene che sette milioni e settecentomila schede, pari al 22 per cento, quattrocentomila meno della Le Pen, valgano molto più di un serbatoio per conto terzi e di una pur onorevole sconfitta. Messi da parte sogni presidenziali, ne ha subito venduti altri due ai sostenitori: essere primo ministro e unire le truppe sparse della sinistra, dal partito socialista – ormai ridotto ai minimi termini – ai verdi, dai comunisti ai radicali. Il primo è aleatorio, essendo improbabile un ticket Macron-Mélenchon, benchè il presidente abbia inseguito l’elettorato ecologista e di sinistra nell’ultimo scorcio di campagna elettorale.
Alla Fiera del Libro di Parigi, l’ex premier Edouard Philippe gli ha regalato il saggio sulla sua esperienza («Per Jean-Luc, che cosa vuol dire governare…») e Mélenchon ha ringraziato, dicendo : «Stai a vedere che arrivo io!» Il secondo sogno è realizzabile per due ragioni : lo stato comatoso dei partiti della “gauche” e il carisma indiscutibile del vecchio Jean-Luc, il quale, a 71 anni, ha saputo conquistare l’elettorato giovanile (è la prima scelta fra gli elettori sotto i trent’anni), recuperare il voto popolare tentato dalla Le Pen, sedurre la sinistra intellettuale ed ecologista orfana di figure carismatiche, attrarre francesi di origine straniera, di religione musulmana e delle ex colonie.
Mélenchon, nonostante il ghigno burbero stampato sul faccione quadrato, sa essere dolce e simpatico. Nonostante la rabbiosa retorica rivoluzionaria, sfodera cultura e humor, frutto di ottime e intense letture. È un nonno che piace e rassicura giovani, disoccupati, decaduti della globalizzazione. A milioni di francesi scontenti ed esclusi, propone un progetto de-ideologizzato di giustizia sociale e sviluppo sostenibile, la cui realizzazione è possibile con tasse sui redditi più alti e attraverso una rifondazione solidale dell’Europa comunitaria, oggi – secondo Mélenchon – al servizio dei capitali, succube di diktat fiscali, non autonoma dagli Stati Uniti, divisa su politiche di accoglienza e difesa.
Ci sono punti di contatto con il programma sociale della Le Pen e una visione sovranista-gollista dei rapporti con Bruxelles. In un’intervista al settimanale La Croix, a proposito di Nato e Ucraina ha detto : «La NATO è una macchina per creare problemi, uno strumento dell’impero americano in declino. Ma distinguo questo argomento dall’Ucraina, perché la responsabilità della guerra è sulle spalle di Putin. Non è stata la Nato a violare il confine con i suoi carri armati». Prese le distanze da Putin, Mélenchon, come la Le Pen, è tuttavia contrario all’embargo delle forniture energetiche, perché «soltanto lo zio Sam si riempirà le tasche».
La distanza in politica estera potrebbe essere un ostacolo per i sogni di governo, benché le sue valutazioni circolino sottovoce nel panorama politico del Paese. Molto dipenderà dall’esito di quello che lui definisce «terzo turno», le legislative di giugno. Il sistema elettorale non prevede proporzionale e potrebbe penalizzare sia Mélenchon sia Le Pen. Sarebbe l’ennesima beffa di un sistema che non consente a milioni di elettori un’equa rappresentanza all’Assemblea. D’altra parte, è improbabile che il movimento di Macron riesca ad ottenere la schiacciante maggioranza del 2017.
Mélenchon si commuove quando ascolta la Callas in «Casta diva». La lirica e la buona tavola sono i sogni di riserva, per il ritiro dalla politica dopo cinquant’anni di battaglie, dalle rivolte studentesche alla rottura con il partito socialista di Mitterrand e Jospin. Ma se la «gauche» non disperderà voti nelle circoscrizioni, l’ora della pensione sarà ancora lontana.