
L’alleanza tra Russia e Algeria e diventata più stretta da alcuni mesi. Adesso funziona, “full time”, una sorta di coordinamento militare tra i due Paesi, che organizza esercitazioni congiunte. Le prime grandi manovre si sono svolte lo scorso novembre, nel nord dell’Ossezia. Le prossime si terranno al confine tra Algeria e Marocco, e avranno come oggetto la non meglio precisata repressione “di milizie armate”. Insomma, Mosca e Algeri vogliono far credere che la loro sia un’intesa “tattica”, per contrastare il terrorismo fondamentalista. Per chi ci crede. La sostanza delle cose invece è diversa: stiamo parlando di una vera e propria alleanza strategica, perfezionata sotto il naso dell’Occidente.
Il grande Paese arabo costituisce una piattaforma di straordinaria importanza per il Cremlino, e per i suoi interessi di penetrazione in tutta l’Africa del Nord. I porti dell’Algeria potrebbero consentire, alla flotta russa, di avere un solido punto di riferimento anche nel Mediterraneo occidentale. Putin, infatti, può già contare sullo scalo di Tartus, in Siria, messogli a disposizione dall’alleato Bashir al-Assad. Inoltre, materie prime ed energia sono un altro capitolo del crescente interesse dimostrato dai russi. Secondo fonti del Ministero della Difesa di Mosca, proprio nella capitale del’Ossezia, Vladikavkaz, si è svolta la conferenza di pianificazione delle prossime manovre militari russo-algerine, che si dovrebbero svolgere a novembre. L’area prescelta è quella della provincia di Bechar (base di Hammaguir), a poca distanza dalla frontiera marocchina.
Assieme ai soldati russi, ha comunicato il Cremlino, ci saranno anche “in funzione antiterrorismo” unità del Kazakistan, del Pakistan, dell’Algeria e dell’Egitto. È chiaro che il Cremlino guarda lontano e, per quanto riguarda il momento attuale, cerca di sfruttare la contrapposizione per il primato regionale tra il Marocco e la stessa Algeria. Da qui anche l’accelerazione di scambi politici di alto livello, come dimostrato dalle recenti visite a Mosca di Brahim Broughali (Presidente dell’Assemblea popolare algerina) e di Nourreddine Makri (Direttore della Sicurezza estera). Senza dubbio, la nuova fase dei rapporti con la Russia, costituisce per il grande Paese arabo un deciso salto di qualità, rispetto alle relazioni precedenti imperniate sull’import di armi.
Ma che la situazione stia andando fuori controllo per la diplomazia americana è testimoniato da un recente appello, lanciato dal Segretario di Stato Usa, Antony Blinken. Il Ministro degli Esteri di Biden, durante il suo tour in Nordafrica, ha esortato l’Algeria “ad allentare i suoi legami con Mosca e ad appianare le divergenze con il Marocco”. Blinken, ricevuto in una visita “mordi e fuggi” (meno di mezz’ora) dal Presidente Abdelmadjid Tebboune, ha parlato dell’invasione russa in Ucraina e delle ricadute negative, politiche, finanziarie ed alimentari per l’Africa e per il Medio Oriente. Tebboune, però, in passato ha sempre definito la Russia “Paese fratello” e con il Marocco ha un contenzioso aperto, perché sostiene l’indipendenza dell’ex Sahara spagnolo, che invece Rabat si è di fatto annesso, assieme alle sue grandi miniere di fosfati. Violando il diritto internazionale.
Ma siccome le regole ai nemici si applicano e per gli amici si “interpretano” (quando non si ignorano), in questo caso, prima Trump e poi Biden si sono girati dall’altro lato. Così, gli americani sostengono il Marocco, anche perché quest’ultimo, con il “Patto di Abramo”, ha definitivamente riconosciuto Israele. Ha “votato” Marocco, più o meno incomprensibilmente, pure la Spagna “izquierda” di Sanchez, con una svolta di 180 gradi, rispetto alla precedente politica professata, guadagnandosi così l’eterna inimicizia di Algeri. E una massiccia dose di ritorsioni in campo energetico.
Certo, ormai lo hanno imparato tutti, gli Stati non hanno né amici e manco nemici, ma solo interessi. Il sentimento di “fratellanza” con Putin risale al 2006, quando il leader del Cremlino, con un colpo di spugna, cancellò il debito che l’Algeria doveva a Mosca: 4,7 miliardi di dollari. Il gesto non fu solo nobiltà d’animo. No, perché il Paese arabo s’impegnò ad armarsi fino ai denti, comprando mezzo arsenale ex sovietico: carri armati, aerei da combattimento, cannoni e missili. I dati “FMES” (“Fondation Méditerraéenne d’Ètudes Stratégiques”) dicono che, fino al 2019, l’Algeria ha speso in Russia la bellezza di 13.5 miliardi di dollari. E continua a spendere.
Secondo alcuni analisti, Putin e Xi Jinping hanno raggiunto un grande accordo strategico e operano una penetrazione “parallela” in Africa. Gli uni con la forza, gli altri con l’economia. Possono far valere la loro influenza in qualsiasi momento, fino a rendere carta straccia i contratti firmati con l’Occidente.
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Dopo il viaggio in Algeria della settimana scorsa, i due ministri domani e giovedì saranno in Angola e Repubblica del Congo. Obiettivo: altri 6,5 miliardi di metri cubi. Ma solo dal 2023. Il premier Mario Draghi, pur se asintomatico, resterà bloccato nella sua casa a Città della Pieve.