Gli spietati e noi che amiamo la vita

Le persone che sorridono quando ti incontrano. Quelle che camminano sui sentieri della vita con le scarpe impolverate e conversano con chi è al loro fianco. Quelle che hanno paura, che leggono un libro e poi lo lasciano in giro purché lo leggano i figli, che cantano e strizzano gli occhi infilandosi in un tramonto. Quelle che danzano, che siedono sulle panchine di legno, che ascoltano quando qualcuno parla. Che hanno sogni, che si emozionano alzando gli occhi verso la cime degli alberi in un bosco, e dicono che è una cattedrale; quelle che vivono e vogliono vivere. Che hanno pensieri, che devono arrivare a fine mese, che cercano lavoro, che perdono lavoro. Che aspettano il tram, che viaggiano sui treni e aiutano chi è in difficoltà. Le persone che amano la vita, anche quando è infame, anche quando le cose brutte vorrebbero schiacciarti in un destino inaccettabile. Le persone, quelle che considerano l’incontro con l’altro un dono, e non si piegano al cinismo, non vivono davanti a uno schermo, ma credono nella meraviglia della natura. Quelle che si danno appuntamento con amore per ricordare un’amica che non c’è più. E arrancano insieme, sulle zolle morbide dei filari delle vigne, nel profumo della gentilezza, per festeggiare un non compleanno. E lo fanno dedicandole poesie; alzando i bicchieri colmi di vino alla speranza. Con coraggio. Con quella semplicità e normalità del coraggio di ognuno di noi

Poi ci sono gli spietati.

Quelli che sono raccontati dai media come l’uno per cento che ha risorse e potere pari al novantanove delle persone che stanno in questo mondo. Quelli che vivono nel fortino del loro privilegio che non contempla i diritti delle persone gentili, di quelle povere, di chi ha figli e vuole solo vederli crescere. Di chi ama.

Gli spietati sono cinici. Fanno i loro calcoli e secondo la loro convenienza gli altri lavorano o vanno a casa, fanno la fame o no, vivono o muoiono, finiscono sotto le bombe o stanno in pace. Il potere è la loro vita. La nostra vita un dettaglio. Loro amano quel senso di morte che deve pesarci come una condanna e un avvertimento sulle spalle.

Poi ci sono i tifosi degli spietati. Quelli che affollano i media (che sono quasi tutti degli spietati), che fanno politica a vantaggio degli spietati, e spiegano alle masse che cosa è giusto e che cosa non lo è. Da che parte stare, e per parte si intende la scelta tra uno spietato e l’altro, tra una spietatezza sociale o un’efferatezza etica. Quelli che non hanno memoria, e se ce l’hanno è a disposizione di un vantaggio privato e mai di un benessere comune, di qualcosa che potrebbe gettare un seme di bellezza o di giustizia.

Non facendo parte degli spietati, né dei cantori dell’ingiustizia come struttura sociale perfetta da difendere armati fino a denti, tantomeno dei tifosi che cercano il pelo per un fallo da rigore anche nelle tragedie che occupano la nostra storia, preferisco la vita. E me ne infischio di questo clima ottuso e cupo che ci spinge verso un destino di ipocrisie accettate passivamente.

Ps
Dedico queste parole alla mia amica dolce che non c’è più, che faceva della sua vita poesia e amava camminare conversando di fianco.

Ciliegie tra le dita
e tu che ridi
Cicatrice d’amore

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