Ucraina e il confine sottile tra etica, solidarietà e geopolitica

Premessa d’obbligo anche se a ribadire l’ovvio. Massimo Nava sul Corriere, prima solidarizza e condanna e poi ci parla di geopolitica: «Non saranno mai abbastanza le parole di condanna per la guerra di Putin. Non sarà mai abbastanza l’indignazione di fronte all’insensato prezzo inflitto alla popolazione di un Paese aggredito. Non sarà mai abbastanza la pietà per le vittime, compresi i ragazzi al servizio dell’ invasore che a migliaia torneranno a casa in casse di legno». Le ragioni del cuore e di solidarietà che spingono a scegliere da che parte stare.
Ma poi la impietosa geopolitica per interrompere il macello.

Poi la impietosa geopolitica per cercare di interrompere il macello

Ma… La sfera dell’etica non dovrebbe avere del tutto il sopravvento su considerazioni geopolitiche per comprendere genesi del conflitto, conseguenze e possibili vie d’uscita, probabilmente avulse da valutazioni morali.
La narrazione sintetica, di massacri attribuiti a una parte sola, di vittime da un lato e ambizioni del «nuovo Hitler» dall’altro, amplifica invece la sfera etica e conferma una lettura lineare degli avvenimenti che, storicizzati, apparirebbero più complessi.
Una sottile linea rossa divide la sfera dell’etica dalla geopolitica. Se si prova a oltrepassarla si rischia il linciaggio mediatico, peraltro poco nobile in democrazia. Ma ragionare aiuta, con la speranza che la Storia non continui a ripetersi. Napoleone era un brigante per Lev Tolstoj e un condottiero per Victor Hugo.

Troppe semplificazioni in campo

La semplificazione del «nuovo Hitler», malato o impazzito, impedisce di riflettere sulla strategia di allargamento della Nato e sulle ragioni che hanno spinto Mosca a dispiegare la forza militare. Per Putin è stato un pretesto, per molti osservatori indipendenti anche un errore. Gli interventi di Usa e Nato in Serbia, Libia, Irak, Afghanistan, non giustificano l’invasione di un Paese democratico, ma restano decisioni che hanno fatto a pezzi il diritto internazionale e provocato decine di migliaia di vittime, non messe sul conto di nessun tribunale.

Due pesi e due misure

Il separatismo del Donbass e l’annessione della Crimea hanno un precedente (e un altro pretesto) nel Kosovo. Gli accordi di Minsk non sono stati applicati, la conquista dell’autonomia e la riconquista della sovranità hanno provocato quattordicimila morti. Sono argomenti che ci dicono che la guerra, fino all’ultimo minuto, poteva essere evitata e che, dopo tanti lutti, si torna al punto di partenza: l’autonomia dei territori contesi, la neutralità dell’Ucraina come base di trattativa.

Vincitori e vinti o tutti sconfitti?

Se immaginiamo il dopoguerra, qualche interrogativo si impone. Al di là delle responsabilità, ci saranno vincitori e vinti. Chi sta vincendo? Quali scenari si stanno disegnando sulle macerie?

Piaccia o meno, il capolavoro geopolitico lo stanno portando a compimento gli Stati Uniti, dopo la figuraccia in Afghanistan e le tentazioni isolazioniste. Washington ha rilanciato valori occidentali, ricompattato la Nato, spinto gli europei a spendere in armamenti (di cui gli Usa saranno i maggiori fornitori), aumentato esportazioni di gas e petrolio.

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