
Pakistan, nuovo premier: Shehbaz Sharif, leader del partito centrista Pakistan Muslim League, e fino a ieri capo dell’opposizione in Parlamento a Islamabad. I deputati del partito di Imran Khan, il premier uscente, hanno lasciato l’Aula prima del voto minacciando di dimettersi in massa nel tentativo di forzare per ottenere nuove elezioni.
Sharif, figlio di una ricca famiglia di imprenditori e fratello minore del già tre volte primo ministro Nawaz Sharif, ha promesso come punto essenziale del suo programma di governo, di riallacciare i rapporti con gli Stati Uniti.
Il suo predecessore si era infatti allontanato da Washington per avvicinarsi alla Russia di Vladimir Putin e alla Cina di Xi Jinping, in un’area geopolitica decisiva, soprattutto dopo il ritiro delle truppe americane dall’Afghanistan, il ritorno dei talebani e l’invasione russa dell’Ucraina.
Nei suoi 75 anni da democrazia parlamentare, nessun primo ministro in Pakistan ha mai completato l’intero mandato di cinque anni. Domenica 3 aprile Khan aveva chiesto al presidente Arif Alvi di sciogliere l’Assemblea nazionale, dove il suo governo aveva perso la maggioranza. La Corte suprema ha poi deciso che l’atto del primo ministro era da considerarsi illegale e contrario ai principi della Costituzione e il 9 aprile l’Assemblea ha votato la sfiducia a Khan.
Imram Khan ha denunciato la mozione di sfiducia come «un complotto con gli Stati Uniti per forzarlo a dimettersi, in quanto non allineato alla posizione politica dell’occidente sulla guerra in Ucraina e quindi giudicato troppo vicino alla Russia di Putin». Khan era a Mosca il 24 febbraio scorso, il giorno dell’inizio dell’invasione dell’Ucraina. L’Amministrazione Biden ha negato le accuse di Khan.
Contro Khan soprattutto molte frange dell’esercito che era stata uno dei sostenitori principali della sua salita al potere nel 2018. Lunedì scorso migliaia di persone, soprattutto giovani, hanno manifestato nelle strade della capitale Islamabad per manifestare contro gli Stati Uniti e contro quelli che definiscono “traditori della patria”.
La crisi politica arriva mentre il Pakistan attraversa una situazione economica critica, che Khan ha cercato di superare avvicinandosi sempre di più alla Cina e ai suoi investimenti. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Zhao Lijian, ha dichiarato che «la cooperazione Cina-Pakistan e la costruzione del corridoio economico Cina-Pakistan non sarà influenzata dalle vicende politiche».
Il ministero degli Esteri russo ha condannato la «facciata ingerenza degli Stati Uniti negli affari politici del Pakistan per i suoi scopi egoistici».
E di fatto Islamabad è diventato un altro fronte di scontro con Cina rispetto al nemico di attualità ucraina che è per ora la Russia.