“La guerra viene ancora trattata come un mestiere che ha la sua deontologia, perciò si distinguono i cosiddetti crimini di guerra dagli altri atti delittuosi perpetrati con indosso una divisa. Sarebbe invece ora, ed è sempre troppo tardi, che l’umanità interiorizzasse il concetto che la stessa guerra è un crimine e che essa non va fatta per nessun motivo”.
Come è bello, nella vita di ogni giorno di noi esseri umani, uscire dal frastuono delle cose dette e ridette, dal clangore militare dei media di intrattenimento, concedendo alla nostra anima, allo sguardo del cuore, all’idea che possa esistere un futuro e che la storia che viviamo è solo un frammento ignobile, un riparo. Un piccolo luogo in cui osservare il silenzio. Il nostro, per cominciare. Poi la gentilezza del tulipano selvatico che cresce a due passi dalla mia porta di legno scuro e antico. Il canto di una anziana che stende i panni. Le parole semplici che non fanno male a nessuno e che aiutano la nostra vita a non franare in quella discesa verso gli inferi dell’epoca brutale, in cui la speranza è diserzione, la paura è da codardi, la guerra è sempre scintillante, virile, bella.
Soprattutto se a morire sono gli altri, e noi la combattiamo nella trincea dei social e dei salottini eleganti in cui sferragliano le asserzioni fulminanti, cannoneggiando e irridendo, brutali, quelli che hanno un dubbio, chi ama la pace, chi non considera valida la deontologia dell’ammazzare un altro essere umano con la divisa di un altro colore. Noi che siamo rimasti alla guerra di Piero, non ci arrendiamo al luogo comune bellico in cui o sei con noi o contro di noi.
In apertura di Polemos ho citato le parole gentili e piene di buon senso di una donna sarda, una filosofa, Bastiana Madau. E sempre da lei, che ha un modo di fare delicato e coraggioso, prendo in prestito questa poesia bellissima del grande Giorgio Caproni.
Tutto
Hanno bruciato tutto.
La chiesa. La scuola.
Il municipio.Tutto.
Anche l’erba.Anche,
col camposanto, il fumo
tenero della ciminiera
della fornace.Illesa,
albeggia sola la rena e l’acqua:
l’acqua che trema alla mia voce,
e specchia lo squallore
di un grido senza sorgente.La gente
non sai più dove sia.
Bruciata anche l’osteria.
Anche la corriera.Tutto.
Non resta nemmeno il lutto,
nel grigio, ad aspettar la sola
(inesistente) parola.