Assedio, guerra alla popolazione. Da Leningrado a Sarajevo pensando all’Ucraina

L’assedio è uno degli atti di guerra più crudeli. E da secoli si combatte con le stesse armi: fame, freddo e terrore. L’Iliade propone il primo assedio della letteratura, finale della distruzione di Troia e di un popolo disperso. Nonostante il passare dei secoli, poche cose sembrano essere cambiate a cominciare dalle sofferenze della popolazione che se non muore per guerra, spesso muore per fame e terrore.
Assedi crudeli e tragici più vicino a noi oltre la drammatica attualità ucraina e il cimitero Mariupol.

L’età moderna: Magdeburgo

Dopo i lunghi assedi dell’antichità e del medioevo, in Europa uno dei primi dell’età moderna a colpire l’immaginario collettivo fu l’assedio di Magdeburgo, durante la guerra dei Trent’anni, prima metà del 1600, soprattutto per la spietatezza che nasceva dalla sanguinosa contrapposizione tra cattolici e protestanti. La città, lungamente assediata per mesi, dopo aver respinto la richiesta di denaro per essere risparmiata, fu costretta infine alla resa, ma i fatti che seguirono riempiono ancora d’orrore la storia europea. Poiché la città nonostante le intimazioni e le richieste aveva continuato a resistere, la sua caduta il 20 maggio 1631 aprì una serie di violenze inaudite.
Temendo una sorte terribile la popolazione continuò a difendersi per le strade e questo fece infuriare ancora di più i mercenari al servizio del generale cattolico Tilly. Contro gli occupanti furono lanciati oggetti di ogni sorta e tesi agguati nei vicoli: la lotta si protrasse strada per strada e casa per casa fino a che della città non rimasero in piedi che pochi edifici.
Le vittime civili furono almeno ventimila, centinaia le donne stuprate, mentre nemmeno vecchi e bambini furono risparmiati. L’eco degli orrori fu tale che molti stati, anche in campi opposti, dichiararono che mai e poi mai si sarebbe ripetuto un simile massacro, ma la storia – nonostante i buoni propositi – purtroppo si ripeté in altre occasioni, sebbene su scala ridotta.

Il mito di Leningrado

La morsa tedesca intorno alla città russa si strinse ai primi di settembre del 1941, quando tutti collegamenti con il territorio circostante si interruppero. Leningrado costituiva uno degli ambiziosi obiettivi dell’attacco tedesco e la mancata rapida conquista della città fece infuriare lo stesso Hitler che minacciò di farla scomparire dalla faccia della terra. Dall’inizio dell’assedio alla liberazione avvenuta nel gennaio 1944 il bilancio delle vittime fu semplicemente terrificante. Nella città rimasta senza rifornimenti di alcun genere, priva di acqua potabile, corrente elettrica e altro, persero la vita quasi ottocentomila persone, moltissime delle quali per fame o assideramento.
Ad esse vanno aggiunti i soldati sovietici che caddero al fronte durante la difesa e il totale raggiunge la cifra di un milione e mezzo di morti. I ‘900 giorni’ di Leningrado divennero ben presto, ancora durante l’assedio, un potente fattore morale nella guerra contro il nazismo. Frequentemente nei discorsi di guerra, non solo in Unione Sovietica, fu citata come modello la vicenda della città che assurse ad un vero e proprio mito. Non stupisce affatto che siano nate decine e decine di opere letterarie e cinematografiche in diversi paesi e in varie lingue per ricordare lo ‘spirito di Leningrado’ e mantenere viva la memoria di quei tragici avvenimenti.

Sarajevo 30 anni fa

Conclusa la seconda Guerra Mondiale, nessuno avrebbe immaginato che il più lungo assedio del XX secolo non sarebbe stato più Leningrado, ma quello della capitale bosniaca di Sarajevo, che avrebbe sofferto non solo dolorose perdite e distruzioni per gli eventi bellici, ma anche per altri atteggiamenti contradditori della comunità internazionale che per anni non riuscì a trovare una soluzione per far cessare i massacri. Sarajevo fu completamente isolata a partire dal maggio 1992 e cominciò il bombardamento della città da parte delle artiglierie poste sulle montagne circostanti. Le bombe erano dirette principalmente contro la popolazione civile e basti ricordare i due massacri avvenuti nel mercato di Markale, il 5 febbraio 1994 e il 28 agosto 1995.
Alla fine del 1993 risultava inoltre che, oltre alle distruzioni di edifici storici, biblioteche e musei, nessuna abitazione della città era rimasta indenne, mentre oltre trentacinquemila abitazioni erano state completamente distrutte. Alle bombe per terrorizzare la popolazione si aggiunsero anche i cecchini, che a volte operarono vere stragi come nel giugno 1993, quando dodici persone in coda per l’acqua furono uccise o quando sparano sulla folla che assisteva ad una partita di calcio. Come da Leningrado nacque il mito della resistenza all’invasore, dalle vicende quotidiane degli abitanti di Sarajevo nacque però una forte sfiducia negli organismi internazionali deputati a fermare le guerre.

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