
Mercoledì il presidente tunisino Kais Saied ha sciolto il parlamento, i cui lavori erano già stati sospesi fino a data da definirsi la scorsa estate. La decisione di sciogliere il Parlamento è arrivata dopo una riunione dei parlamentari in videoconferenza, nella quale 116 dei 217 deputati avevano votato l’annullamento dei decreti che conferiscono al presidente poteri quasi assoluti.
Nel frattempo, il presidente del Parlamento tunisino, Rashid Ghannouchi, ha annunciato il suo rifiuto di sciogliere l’istituzione legislativa e ha denunciato il fatto che, decine di deputati erano stati convocati dalla polizia per essere sottoposti ad un interrogatorio da parte delle autorità.
Lo scioglimento del parlamento aggrava la grave crisi in corso da tempo in Tunisia, già notevolmente complicata dalla forte instabilità politica, da un’intensa crisi economica e dalla pandemia da coronavirus, ma soprattutto dall’autoritarismo dello stesso presidente, annotano molti osservatori internazionali.
Lo scorso luglio Saied aveva rimosso il primo ministro, il terzo nel giro di un anno, e aveva sospeso i lavori del parlamento, con una mossa che i suoi oppositori avevano definito un «colpo di stato». Circa un mese dopo, ad agosto, aveva esteso la sospensione dei lavori in parlamento «fino a nuovo avviso», e a settembre aveva firmato un provvedimento che gli permetteva di governare per decreto, senza dover passare per il parlamento.
A dicembre, infine, aveva annunciato un referendum per votare una nuova Costituzione, che dovrebbe sostituire quella entrata in vigore nel 2014 dopo la primavera araba, e nuove elezioni per rinnovare il parlamento (referendum costituzionale per luglio, elezioni per dicembre).
Ora i parlamentari che avevano preso parte alla sessione plenaria del parlamento contro i suoi ordini, sono stati accusati di «tentativo di colpo di stato» mentre la ministra della Giustizia Leila Jeffal li indaga per aver complottato contro la sicurezza del paese.
Saied, da Cartagine, ha messo la parola fine al fragile percorso di transizione democratica iniziato dopo la ‘Rivoluzione della libertà e della dignità’ del 2011 con la cacciata del despota Ben Ali, annota Matteo Garavoglia sul manifesto. Di fatto, un altro episodio dello scontro in atto a Tunisi tra Saied da una parte e il leader del partito islamico Ennahda, Rached Ghannouchi, dall’altra.
Lo stesso Ghannouchi è anche presidente dell’Assemblea dei rappresentanti del popolo, mentre la sua formazione politica, in rotta di collisione con il presidente da ben prima del 25 luglio 2021, è la prima vittima del colpo di forza imposto la scorsa estate.
L’annuncio di Saied giunge pochi giorni dopo la visita in Tunisia di Olivér Várhelyi. Il commissario europeo per l’allargamento e la politica di vicinato ha dichiarato il 29 marzo di «essere pronto a mobilitare circa 4 miliardi di euro in investimenti e per rilanciare la crescita economica e i posti di lavoro nel paese».
Crisi politica che si somma alla già grave crisi economica che affligge il Paese. Quando il presidente tunisino ha annunciato lo scioglimento del parlamento, la Tunisia cercava di convincere le istituzioni internazionali per avere circa 4 miliardi di dollari necessari a garantire i beni di prima necessità dalle importazioni e il pagamento degli stipendi.
La decisione di sciogliere il Parlamento è arrivata poche ore dopo l’annuncio da parte dell’Unione Europea dell’intenzione di destinare 4 miliardi di euro in investimenti in Tunisia. Ma la stabilità politica delle istituzioni e il consenso interno sono tra le condizioni fondamentali per i finanziatori esterni.
L’ambasciatore dell’Unione europea in Tunisia, Marcos Cornaro, ha affermato che l’Ue continuerà a sostenere la Tunisia, ma chiede il ritorno delle istituzioni legittime, dichiarando la disponibilità dei Paesi europei a fornire 4 miliardi di euro (circa 4,5 miliardi di dollari) nel finanziamento alla Tunisia, firmando un accordo con Tunisia e Fondo monetario internazionale, tra il 2022 e il 2027.
Il rapporto della banca d’affari Morgan Stanley ha messo in guardia sull’incapacità della Tunisia di adempiere agli obblighi nei confronti dei creditori, con probabile fallimento entro il prossimo anno. Salvo profondi tagli alla spesa da concordare col Fondo monetario. Intanto, altro avvertimento dall’agenzia Fitch, che ha declassato il rating del debito sovrano tunisino a (CCC) da (B-).
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