
I politici nazional-populisti nel mondo costretti a fare una scelta: o trovare un modo per giustificare l’invasione di Putin o condannarla e ammettere di essersi sbagliati. «In Europa il dilemma è stato particolarmente imbarazzante per i francesi Marine Le Pen ed Eric Zemmour e per l’italiano Matteo Salvini». E le citazioni riprese su Internazionale sono impietose (Putin “uno dei migliori uomini di governo […] sulla faccia della terra”), e l’umiliazione subito nella città polacca di Przemyśl, al confine con l’Ucraina, col sindaco locale, che gli ha presentato una maglietta con l’immagine di Putin simile a quella che l’italiano indossava in una foto sulla piazza Rossa scattata nel 2014.
Francia, Marine Le Pen, dopo aver ricevuto nel 2014 un prestito da nove milioni di euro da una banca russa per la sua campagna elettorale, ora deve affrontare le elezioni presidenziali del 10 e 24 aprile. La leader del Front national ha condannato l’invasione dell’Ucraina e ha ammesso di aver cambiato idea sul presidente russo “autoritario”, ma perderà ancora una volte le elezioni. Zemmur, rivale di Le Pen e ancora più a destra ha già registrato un forte calo nei sondaggi.
Il partito tedesco Alternativa per la Germania (Afd), con base elettorale nell’ex Germania est, dove gli elettori si sentono più vicini alla Russia rispetto ai tedeschi occidentali. Alice Weidel, leader dei parlamentari di Afd, ha criticato la Russia per l’invasione ma accusando anche l’occidente di aver illuso l’Ucraina a proposito di un suo ingresso nella Nato.
Il primo ministro ungherese Viktor Orbán è un nazional-populista che sostiene di voler difendere l’Europa cristiana contro un complotto liberale globale. L’amicizia tra lui e Putin ha regalato all’Ungheria forti sconti sul gas russo e miliardi di dollari per realizzare due nuovi reattori nell’unica centrale nucleare del paese, di fabbricazione sovietica.
I legami con Mosca sono profondi anche nei Balcani. La Serbia ha potuto contare sull’appoggio della Russia dai bombardamenti Nato del 1999. Il governo di destra a Belgrado nel 2021 ha firmato un accordo per la fornitura di gas russo a prezzi scontati. Belgrado si rifiuta di imporre sanzioni a Mosca, mentre i mezzi d’informazione vicini al governo ripetono la propaganda secondo cui gli ucraini avrebbero commesso un genocidio contro la popolazione russofona.
«Per i sostenitori di Putin dall’altra parte dell’oceano la guerra in Ucraina è stata una catastrofe politica». Trump che solo il 22 febbraio definisce “geniale” il riconoscimento dell’indipendenza del Donbass, costretto dopo l’invasione a smorzare i toni, ma continua a tessere le lodi di Putin. 26 febbraio, in un incontro del movimento di estrema destra America first political action, la folla ha scandito il nome di Putin. E stanno crescendo i politici repubblicani che hanno timidamente cominciato a sfidare il dominio di Trump.
Orbán ha smesso di vantare i suoi rapporti con Putin e ha accettato con riluttanza le sanzioni dell’Unione. Con le elezioni alle porte (il 3 aprile) il primo ministro sbandiera la volontà di tenere l’Ungheria fuori dalla guerra, potendo contare su un controllo quasi totale dei mezzi d’informazione.
Il partito spagnolo Vox ha rapidamente condannato l’invasione dell’Ucraina proclamandosi favorevole all’accoglienza dei profughi ucraini (ma naturalmente non di quelli musulmani)
Il presidente populista del Brasile Jair Bolsonaro con la sua visita a Mosca a metà febbraio, vorrebbe sfruttare le sanzioni contro la Russia per allentare le restrizioni sull’attività mineraria nel suo paese.
In buona posizione i populisti che hanno mantenuto fin dall’inizio una posizione anti Putin, come il partito al governo in Polonia Legge e giustizia, con l’Unione europea che potrebbe allentare la pressione sul controllo del governo sui tribunali.
«In generale è probabile che l’invasione di Putin abbia messo fine di cui il presidente russo sarebbe stato uno dei leader», la sintesi dell’Economist. «Cinque anni fa i conservatori cristiani occidentali organizzavano conferenze con gruppi legati alla chiesa ortodossa per criticare “l’ideologia gender”. In quel momento l’idea di un movimento nazional-populista unificato contro il liberalismo occidentale, che avrebbe collegato Mosca a Washington passando per Budapest, appariva preoccupantemente plausibile».