La fauna e la complessità del pallone

A un certo punto il giornale la Repubblica definisce “fauna da talk” un gruppo di sempre-presenti sullo schermo che presentano nell’arena mediatica posizioni filo-Cremlino. Fauna, il livello è questo. Nella fauna dei sempre-in-video non compaiono ovviamente gli esponenti del gruppo di cui sopra che esprime una presenza fissa, raramente basata su competenze specifiche, nell’arena mediatica. Quindi la differenza faunistica la fanno le posizioni prese nel dibattito, non il fatto che una pletora di improvvisati, dalla mattina alla sera, sta in tutte le tv ad alimentare un ecosistema di informazioni rimasticate e ossessive, in una modalità urlata e saccente che ci fa ripensare come un momento culturale importante e rispettoso il Processo del lunedì del grande Aldo Biscardi.

Il problema è che stiamo ancora vivendo una pandemia e che l’informazione ci ha devastati con un dibattimentificio tra pochi noti, su posizioni ideologiche e scientificamente discutibili, per oltre due anni. E che lo stesso circo è passato, con gli stessi interpreti, a discutere, in pantofola ed elmetto, probabilmente indossando mutande felpate ma mimetiche, sulla guerra in Ucraina. Stesse facce, stesse modalità, stessi saccenti a spiegarci che le cose complicate non esistono, neanche la storia, le cause lontane o vicine, i motivi, i perché e neanche il futuro, perché porci problemi sul domani dei nostri figli rientra in una complessità che l’informazione non può permettersi.

Quindi niente passato, niente futuro, un solo unico presente di cose che non è importante capire. Che ci rendono spettatori passivi, stimolati da guru bellicosi che non tollerano obiezioni, forti del fatto che esista un ordine preciso delle cose che solo loro conoscono.

Per fortuna c’è il calcio. E la traccia culturale di Biscardi fa sì che i commentatori stanno lì a lambiccarsi la mente su cause ed errori, sui perché dell’eliminazione della nazionale contro la Macedonia del Nord. Analisi approfondite che affondano le radici fino al 2006, riforme mai fatte, scelte inadatte, mentre fuori il mondo cambiava e ci lasciava distanti. Cavolo, penso, c’è più ricerca nelle cause dell’eliminazione dell’Italia dai mondiali del Qatar che nella scomparsa dell’Italia dallo scenario politico e diplomatico di questa fase drammatica. Più complessità, dovremmo dire. Meno superficialità, anche se di questioni da bar si tratta.

O forse, per cultura, capacità di analisi, racconto mediatico e studio, siamo più adatti alla dialettica da bar, sebbene sui social. Più adatti a vedere quello che vogliamo vedere e a dare mille spiegazioni plausibili su un gol mangiato a porta vuota o su una papera del portiere. Come se le cose semplici possano aver assorbito la complessità delle analisi e le cose complesse invece siano scomparse perché inaccettabili, non comprensibili.

Mi mette terrore pensare a questo paradosso.

Mi mette paura sapere che se qualcuno dice che l’Europa è scomparsa dallo scenario  politico e diplomatico internazionale, il pensiero possa andare all’eliminazione della Juventus dalla Champions. E che un sempre-in-video, parlando anche di Covid o di Putin, possa spiegarcelo.

Mi mette paura, ma ha una sua logica, sempre parlando di fauna e di palloni gonfiati.

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