
Sulla tragedia Ucraina si sta trattando? Certamente sì, ma non si sa bene su quali e quanti tavoli. L’inganno su obiettivi e realtà militare come regola. L’aspetto umanitario usato, spesso occultato e volte enfatizzato. È la guerra televisiva che viviamo tutti noi, da casa. La guerra della comunicazione che poco somiglia a quella crudele sporca e puzzolente del fronte e dei suoi segreti inconfessabili.
Ma il comunicare interno alla guerra rispetto agli avversari è da tempo una delle armi vincenti su cui, ci dicono le cronache, proprio i militari russi avrebbero problemi testimoniata dall’uccisione di ben due dei loro generali.
Nella storia delle guerre e della diplomazia le comunicazioni e la loro segretezza hanno sempre avuto un ruolo molto importante, a volte determinante. Qualche lezione dal passato …
Agli inizi del mille 900, tra i primi a comprendere l’importanza delle trasmissioni radio vi furono le marine militari e soprattutto la Royal Navy. I primi impianti furono installati sulle navi inglesi a partire dal 1904, forniti dalla Marconi Company, mentre in Germania la Siemens produceva impianti analoghi per la flotta del Kaiser. Quando anche la marina russa decise di creare un’unità militare che avesse a bordo le attrezzature più moderne acquistò una nave passeggeri, la trasformò in incrociatore leggero con trasmettitori, apparecchiature e antenne prodotte in Germania.
La nuova nave, battezzata «Ural», divenne così la più potente unità militare al mondo destinata a questo scopo, che non comprendeva solo le trasmissioni, ma anche le intercettazioni e il rilevamento radiogoniometrico dei segnali nemici. Quando la flotta russa cadde nell’imboscata tesa dalla flotta giapponese nello stretto di Tsushima nel maggio 1905, la «Ural», intercettando le comunicazioni nemiche, fornì indicazioni utili alla flotta che avrebbe potuto ritirarsi o almeno manovrare diversamente.
L’ammiraglio russo Rožestvenskij però non ne tenne conto e non diede ordini specifici alla nave. Accadde insomma che una moderna e potente stazione radio assegnata a una flotta da guerra, anche in grado di disturbare facilmente le trasmissioni radio nemiche che concentravano il fuoco sulle navi russe, rimase inoperosa assistendo alla carneficina della flotta del Baltico da parte delle navi giapponesi.
Allo scoppio della Prima Guerra mondiale lo stato maggiore tedesco, convinto che la mobilitazione russa sarebbe stata lenta e che quindi da oriente non ci sarebbero state minacce da fronteggiare, concentrò tutte le forze contro la Francia. Il celebre piano Schlieffen, pur tenendo conto che l’esercito avrebbe combattuto su due fronti, prevedeva infatti una vittoria a occidente in sei settimane e poi di rivolgersi contro la Russia. Avvenne invece l’impensabile: due armate russe, sebbene incomplete per uomini ed equipaggiamento, avanzarono subito a tenaglia verso la Prussia orientale e a Berlino fu il panico.
Dopo aver sostituito su due piedi il generale von Prittwitz responsabile di quella che si temeva come una catastrofe imminente, furono inviati sul posto altri due generali: Paul von Hindenburg ed Erich Ludendorff. Ad essi però giunse un aiuto insperato dagli stessi russi. Poiché l’attacco contro la Prussia orientale era stato frettoloso, i reparti russi non disponevano di una quantità sufficiente di cavo telefonico per comunicare tra loro o con il comando di Varsavia e ricorsero quindi a quella che un tempo si chiamava ‘telegrafia senza fili’, ovvero affidarono le comunicazioni operative segrete agli impianti radio puntualmente intercettate dai tedeschi e – nonostante fossero in codice – decrittate da un abile professore di lingue antiche di Königsberg. I tedeschi conobbero insomma con largo anticipo le mosse delle due armate russe e, affrontandole separatamente, sconfissero prima l’una e poi l’altra.
Conoscere i piani del nemico non costituisce un vantaggio solo sul piano militare, ma anche nelle negoziazioni diplomatiche. Dietro l’abile regia del congresso di Vienna condotta dal principe di Metternich vi fu anche l’intercettazione sistematica della corrispondenza diplomatica di varie potenze europee. La grande abilità nell’aprire i dispacci segreti non consisteva solo nel richiuderli perfettamente senza lasciare tracce visibili della violazione, ma soprattutto nel farlo con grande rapidità.
Poiché il trasporto della corrispondenza avveniva con vetture trainate da cavalli, alla prima stazione di posta dopo il confine austriaco sulle vetture saliva un equipaggio postale composto in realtà da agenti del principe. Nel corso del viaggio i dispacci erano invece aperti e copiati, in modo che la consegna agli ignari destinatari avvenisse con scrupolosa puntualità: un eventuale ritardo nell’arrivo della posta avrebbe infatti creato sospetti.
Dietro le luci degli splendori mondani esisteva anche una fitta rete di spie ed informatori sparsi ovunque, la stessa pratica che In Francia aveva fatto diventare il ministro di polizia di Napoleone Joseph Fouché il secondo uomo più potente dell’impero. Più che la segretezza ‘nelle’ trattative, meglio insomma la segretezza ‘delle’ trattative.