
Una sola parola basta a sintetizzare il senso dei vertici, che gli alleati occidentali hanno tenuto ieri a Bruxelles, alla presenza di Joe Biden. La Nato, il G7 e il Consiglio d’Europa hanno discusso, freneticamente, sulle migliori strategie da adottare per arginare l’invasione russa dell’Ucraina. Ma, evidentemente, i risultati fin qui ottenuti, non devono essere stati soddisfacenti, se il Presidente americano ha chiesto (e ottenuto) un inasprimento delle sanzioni. Tuttavia, la notizia più inquietante è quella data in diretta dallo stesso Biden: “La Nato reagirà se la Russia dovesse usare armi chimiche”. Cosa che, tradotta in termini pratici e senza giri di parole, significherebbe Terza guerra mondiale. Pare, però, che nel chiuso della riunione, più di qualcuno abbia avuto da ridire.
Il “Wall Street Journal” scrive che il premier sloveno, Janez Jansa, ha sollevato il problema di possibili “miscalculations”. Errori, insomma, casualità o altri elementi imponderabili. Per cui, nelle dichiarazioni finali, si è rimasti nel vago. Anche se, negli alti comandi alleati, si comincia già a parlare apertamente del rischio di “guerra nucleare”. Sia il Cancelliere tedesco Scholz che la Presidente della Commissione UE, Ursula Von der Leyen, hanno poi escluso qualsiasi possibilità che il gas russo venga pagato in rubli. Allo studio anche il blocco della vendita di oro da parte della Banca centrale russa. Per finire, è stato annunciato l’arrivo di ben 40 mila soldati dell’Alleanza, che saranno rischierati in Slovacchia, Ungheria, Romania e Bulgaria.
Di “patriottico” la grande guerra dei russi, questa volta, non ha proprio niente. E non solo perché, a differenza del 1941, ad aggredire un altro Paese ora sono loro. Ma anche perché, visto quello che sta combinando l’ex Armata rossa, l’eroismo sta tutto dall’altro lato. Gli ucraini si battono col cuore. Ma anche con la testa. Difendono la loro terra e si sono bene organizzati, in questi sette anni che li separano dal primo sanguinoso scontro con Putin. I russi, invece, hanno incontrato e stanno incontrando crescenti difficoltà. In primis, appare abbastanza chiara la scarsa affidabilità dei “report” elaborati dall’Intelligence, sia politica che militare. I due servizi segreti, “FSB” e “GRU”, non sono stati in grado di offrire scenari plausibili sulle reazioni di Stati Uniti ed Europa e sulle capacità difensive delle forze armate di Kiev.
Nel primo caso, pare proprio che nessuno si aspettasse, a Mosca, sanzioni economiche così pesanti. Ma è il secondo caso ad avere suscitato perplessità in tutti gli analisti e, probabilmente, furibonde polemiche dentro le mura del Cremlino. Sergei Dobrynin e Mark Krutov hanno realizzato un report per “Radio Free Europe”, in cui analizzano i motivi del flop militare russo, mettendo al primo posto la carenza dei sistemi di comunicazione. In sostanza, può sembrare incredibile per l’esercito di una grande potenza, ma le unità di combattimento, fino ai singoli soldati, avrebbero in dotazione apparecchiature antidiluviane. Si tratta di ricetrasmittenti che, in molti casi, si guastano o non funzionano per niente. Lasciando interi plotoni, isolati, a sbrigarsela da soli.
Gli autori del report sottolineano, poi, come un’ulteriore debolezza del sistema russo sia la mancata standardizzazione del materiale utilizzato. In pratica, i reparti hanno in dotazione un vero e proprio minestrone di apparecchiature, che spesso non riescono a dialogare tra di loro. Una confusione incredibile, che induce i soldati a servirsi addirittura dei telefonini cellulari, facilmente intercettabili dagli ucraini. Pare che, in questo modo, siano stati individuati e uccisi un paio di generali russi. La stessa mancanza di coordinamento si ha tra truppe di terra e aviazione. Gli aerei, spesso, non riescono ad avere indicazioni precise sui bersagli da colpire, proprio per mancanza di indicazioni affidabili.
L’analisi di RFLm ancge se schierata, dà comunque, una convincente spiegazione dei motivi che spingono l’esercito russo, in alcuni frangenti, a muoversi quasi a casaccio. Molti ritenevano che l’autocrate del Cremlino non potesse arrivare a tanto. A scatenare una guerra nel cuore dell’Europa. Proprio quando avrebbe potuto ottenere diversi vantaggi diplomatici, senza sparare un colpo e rispettando il diritto internazionale. Qualche analista pensava che, minacciando solo l’invasione dell’Ucraina, ma senza muovere un dito, Putin stesse facendo rosolare a fuoco lento Biden e tutto l’Occidente. Confessiamo: lo pensavamo anche noi di Remocontro. Invece, ossessionato dal suo delirio di onnipotenza, ha messo da parte ogni principio. Tattico, strategico e morale.
E ora siamo qui, nel Terzo millennio, a raccontarci i lutti e le sofferenze derivanti da una guerra, che sembra uscita da un libro del Settecento. Nessuna guerra ha un senso, ma proprio questa ne ha, di sicuro, meno di tutte le altre.