Guerra + armi = affari. Armi «Affitti e prestiti» o «cash&carry», paga e porta via. E «l’arsenale della democrazia»

Un po’ di storia che la drammatica attualità riporta vicino a noi. La discussa decisione italiana di fornire all’Ucraina, non solo aiuti umanitari ma anche armi. Il distinguo ipocrita tra armi da difesa e ‘armi letali’ a differenziare il modo di ammazzare. Armamenti per combattere le guerre spesso acquistati da altri. Giovanni Punzo oggi ci ricorda di quando, ‘caso molto famoso’ nella seconda guerra mondiale, gli armamenti furono regalati, «o quasi …».

«Affitti e prestiti»

L’11 marzo 1941 gli Stati Uniti approvarono la legge «Lend-Lease» (affitti e prestiti) che concedeva ad alcuni paesi belligeranti la facoltà di ottenere armi da un paese neutrale a condizioni molto vantaggiose. Gli Stati Uniti infatti non erano ancora entrati in guerra, ma avevano già allentato le rigide regole della neutralità internazionale fornendo pochi mesi prima alla Gran Bretagna una cinquantina di vecchi cacciatorpediniere essenziali alla Royal Navy per difendersi dalla minaccia dei sommergibili tedeschi. Questo primo intervento era stato definito in modo molto significativo «cash&carry», ovvero ‘paga e porta via’.
Per giustificare questa ulteriore scelta politica davanti al popolo americano – la cui stragrande maggioranza era ancora contraria ad un intervento nel conflitto –, Roosevelt utilizzò allora la famosa metafora della casa del vicino: se la casa confinante sta bruciando – disse in un famoso discorso radiofonico – era giusto intervenire con la pompa d’acqua del proprio giardino. La legge approvata precisava infatti che, a causa della guerra, esisteva un pericolo imminente anche per l’America. I primi a beneficiare degli aiuti furono gli inglesi, ma ben presto si aggiunsero i francesi di de Gaulle, i russi attaccati da Hitler e i cinesi in guerra coi giapponesi.

L’arsenale della democrazia

La realtà dietro il nobile gesto era tuttavia un po’ più complessa. Indubbiamente le grandi industrie americane avevano superato gli effetti devastanti della crisi del 1929 ed erano già in ripresa, ma dal 1940/1941 ci fu invece una vera e propria accelerazione industriale con una crescita senza precedenti e nacque così «l’arsenale della democrazia», secondo un’espressione dello stesso Roosevelt. Gli aiuti non riguardarono solo armamenti in senso stretto, ma anche materie prime (soprattutto petrolio) o perfino materiale ferroviario.
Gli Stati Uniti, secondo uno schematico conteggio del 1945, fornirono beni per un ammontare complessivo di circa cinquanta miliardi di dollari dell’epoca, grosso modo – secondo una fonte internet inglese ¬– da moltiplicare oggi almeno per dieci per immaginare una cifra corrispondente al valore attuale. Indubbiamente, nonostante successive valutazioni dell’intervento fatte da storici (ovviamente non-americani), si trattò di un fatto determinante, senza il quale la guerra avrebbe potuto avere un esito diverso con conseguenze che possiamo solo immaginare.
«L’arsenale della democrazia», ai tempi di Eisenhower, si trasformò però poi nel «complesso militare-industriale», cosa ben diversa e che soprattutto produsse altre conseguenze.

Il rapporto Gran Bretagna-Stati Uniti

Tra il 1942 e il 1945 la strettissima collaborazione tra Usa e Gran Bretagna, rinsaldata dalla fornitura di armamenti, oltre ad aiutare il superamento degli antichi e reciproci pregiudizi ancora esistenti tra l’antica potenza imperiale e l’ex colonia ribelle, condusse alla fine alla vittoria sul nazismo. Tuttavia, al prezzo incalcolabile in vite umane e sofferenze, sebbene se ne parli poco, si aggiunse un costo economico. Gli armamenti distrutti non potevano essere ‘restituiti’ e quelli danneggiati avevano un valore diverso da quello iniziale. Con discrezione fu insomma presentato un conto, anche se con molto tatto, nel senso che il contro valore ripagato fu all’circa un decimo della fornitura iniziale.
Del resto, durante la guerra, un incrociatore americano aveva già prelevato dal Sudafrica le ultime riserve auree della banca d’Inghilterra. Se il costo economico fu pesante, benché relativamente accettabile, il costo politico portò invece alla scomparsa del ruolo internazionale dell’impero britannico e all’ascesa di un altro impero che ben presto si comportò come tale. Fu il mancato appoggio americano alla sterlina sui mercati internazionali che fece fallire l’impresa anglo-francese a Suez nel 1956 decretando tra l’altro la fine del colonialismo, compreso quello inglese.

Anche gli armamenti generosamente concessi ad una democrazia in pericolo da un’altra democrazia amica alla fine ebbero comunque un costo, come tutte le cose.

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