Le crudeltà ripetitive della guerra armata e le guerre politico economiche attorno

Mariupol è in agonia, accerchiata non riceve più aiuti. Medici senza frontiere: «Assedio medievale, si va verso una tragedia inimmaginabile». Ma altre città sono allo stremo. Per le autorità ucraine i morti dall’inizio dell’invasione sarebbero 1.600.
Poi la guerra meno immediata e brutale attorno che sta per ora solo sfiorando il resto del mondo ma con conseguenza di portata imprevedibile.
Due giorni fa lo sgarbo saudita e degli Emirati che si sarebbero rifiutati di parlare con il capo della Casa Bianca, in pressing per più petrolio a cercare di contenere l’aumento dei prezzi.
Sempre più in difficoltà sul fronte interno, Biden cerca anche il petrolio dell’Iran

Guerra in Ucraina e inflazione

Biden deve darsi una mossa. L’ultimo sondaggio del Wall Street Journal dà i Repubblicani avanti di cinque punti, rispetto alle prossime elezioni di “Mid term”. Politica estera ed economia, cioè guerra in Ucraina e inflazione, sono gli scogli su cui sta andando a sbattere il caicco della Casa Bianca. Le due crisi si saldano e qualsiasi azione, su un versante, genera, immediatamente, una controreazione sull’altro. Biden cerca una risposta anti-Putin con le sanzioni e si è avventurato in una “terra incognita”: quella dell’energia. Col bando alle importazioni di gas e petrolio russi, deve raschiare il fondo del barile, a livello planetario.

Quando i vecchi cattivi diventano utili

Così ha rivisto, turandosi il naso, i suoi rapporti col “caudillo” venezuelano Maduro e cerca nuove sponde, addirittura, con gli ayatollah. L’obiettivo è quello di aumentare nel più breve tempo possibile l’offerta di greggio. Deve tappare un “buco” aperto per le catastrofiche sanzioni imposte a Mosca, che potrebbe arrivare fino a 10 milioni di barili al giorno. Gli iraniani ne producono 2,5 al giorno, ma ne arrivano a vendere la metà. Per colpa di altre sanzioni. Quelle di Trump. Ora gli ayatollah si sono fatti avanti: togliete il blocco e noi vi togliamo dai pasticci. Ergo, produrremo e venderemo più greggio.

Teheran e Golfo Persico

Sul piatto della bilancia, secondo molti osservatori, la Casa Bianca getta ulteriori concessioni a Teheran sulla spinosa questione del nucleare. La crisi ucraina ha modificato gli scenari strategici e ora gli Usa hanno fretta di stabilizzare almeno il Golfo Persico. E le rotte del petrolio. Per questo, il dibattito sulla nuova politica “aperturista” di Biden verso l’Iran infuria. Il “Teheran Times” citava, a questo proposito, la presa di posizione dell’American Post sulle sanzioni. Da altre parti, invece, crescono preoccupazioni “trasversali”. In testa Israele e Russia.

Mosca e Gerusalemme

Un’intesa “morbida” a Vienna lascerebbe Gerusalemme in mezzo al guado, a vedersela da sola, con tutte le riserve possibili sulla potenziale minaccia atomica iraniana. Mosca, invece, vuole mettere i bastoni tra le ruote a qualsiasi abboccamento tra Washington e gli ayatollah. O, almeno, vuole la sua parte. L’accordo sul nucleare può essere sfruttato, come “sponda” per aggirare le sanzioni contro la Russia. Con l’Iran mercato “neutro” dove fare affari di ogni tipo. Ormai, si sa che Biden cerca petrolio da tutte le parti. Anche in casa degli “Stati-canaglia”. Però, Putin mette le mani avanti e, a scanso di equivoci, vedrà presto il Presidente iraniano Raisi “per rafforzare i legami tra i due Paesi”.

Potenza e mercati dopo la guerra

Ali Shamkhani, Segretario del Consiglio supremo di sicurezza nazionale persiano, dal canto suo, esprime scetticismo sulla possibilità di fare un accordo “forte”. E avverte che gli Stati Uniti hanno fretta di chiudere, anche a costo di firmare un’intesa raffazzonata.

La questione è sempre la stessa: occorre aumentare, al più presto, l’offerta di energia planetaria, prima che le sanzioni, anziché colpire solo la Russia, finiscano per mettere in ginocchio l’Occidente.

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