
Corriere della Sera. I bombardamenti russi non solo non si interrompono, ma su Kiev e sul Mar Nero si fanno anche più intensi. Per oggi Mosca ha nuovamente annunciato un cessate il fuoco per permettere corridoi umanitari per l’evacuazione dei civili da Kiev, Chernihiv, Sumy, Kharkiv e Mariupol. Anche se pochi ci credono.
Agenzia ANSA. L’Ucraina entra nel 13/esimo giorno di guerra e le città stremate e sotto assedio sperano nella tregua annunciata per stamani dai russi, la quarta dopo tre consecutive cadute nel vuoto. Oggi un cessate il fuoco per i corridoi umanitari. Kiev: “Ucciso un alto comandante russo a Kharkiv”.
Il manifesto. Il terzo round di negoziati non produce il cessate il fuoco. Forse già oggi un altro incontro. I risultati, minimi, avrebbero a che vedere con i corridoi umanitari, secondo il consigliere presidenziale di Kiev Mikhailo Podolyak ma, considerato che fino ad oggi in realtà i corridoi non sono stati effettivi, i dubbi sono molti.
Dall’inizio dell’invasione russa sono scappate dall’Ucraina più di un milione e mezzo di persone. È un numero enorme, considerando che è avvenuto in appena due settimane. Nel 2015 nel gigantesco flusso migratorio per la crisi siriana, arrivarono in Europa 1,3 milioni di persone in un anno. In due settimane sono scappate dall’Ucraina più del doppio delle persone arrivate in Italia via mare negli ultimi otto anni, dal 2014 al 2022, segnala Il Post. Le guerre dei Balcani negli anni Novanta produssero milioni di profughi, ma nel corso di quasi un decennio e in varie direzioni.
Il paragone a cui stanno ricorrendo in molti, insomma, sono gli spostamenti forzati che avvennero durante e dopo la Seconda guerra mondiale. «Questa è la crisi dei rifugiati che l’Europa sperava di non vivere mai più», ha sintetizzato efficacemente l’Economist.
La maggior parte di queste persone, circa un milione, sono arrivate in Polonia, per ragioni geografiche. Fra i due paesi c’è un confine lungo 535 chilometri. La Polonia ancora recentemente sul confine bielorusso aveva avuto un atteggiamento decisamente ostile nei confronti dei richiedenti asilo che provenivano dal Medio Oriente e dall’Africa. E già di affacciano le prime accuse di razzismo bianco europeo.
Il corrispondente della rete statunitense Cbs Charlie D’Agata ha dichiarato, «L’Ucraina non è un posto come l’Iraq o l’Afghanistan, in guerra da decenni… Questa è una città relativamente civilizzata, relativamente europea – devo stare attento alle parole che uso – dove non ti aspetteresti né spereresti mai che possa accadere qualcosa di simile». In seguito si è scusato.
Vittime tante, senza un contabilità reale possibile, feriti senza cure adeguate e civili in fuga. Un milione e messo all’estero. E la distruzione attorno. «Secondo il ministro delle infrastrutture ucraine Oleksander Kubrakov ammonterebbe a circa 10 miliardi di dollari il costo dei danni alle infrastrutture da quando la Russia ha invaso il Paese», riferisce Simone Pieranni.
Sul fronte diplomatico, nella mattinata di ieri ha avuto risalto la conferenza stampa del ministro degli esteri cinesi Wang Yi durante la quale il funzionario ha esposto la posizione cinese in quattro punti.
Aderire agli scopi e ai principi della Carta delle Nazioni unite, rispettare e salvaguardare la sovranità e l’integrità territoriale di tutti i paesi, rispettare le legittime preoccupazioni per la sicurezza dei vari paesi (certamente prima quelle della Russia), insistere su soluzioni pacifiche attraverso il dialogo e il negoziato, specificando che – come riportato dall’agenzia di stato Xinhua nel comunicato in cinese – «La Cina è disposta a svolgere la mediazione necessaria in collaborazione con la comunità internazionale quando sarà necessario». Ma sul ruolo reale delle Cina torneremo oggi.
«Un’altra fase interlocutoria da parte di Pechino, preoccupata dalle ricadute economiche delle sanzioni contro la Russia». Preoccupazioni condivise con il resto del mondo, soprattutto per la questione energetica. Il prezzo in salita rapida e impetuosa del petrolio sta aprendo scenari inverosimili fino a qualche giorno fa. Addirittura una missione segreta Usa in Venezuela dal nemico Maduro per sondare un possibile allentamento delle sanzioni economiche americane, in grado di consentire una ripresa della sua produzione petrolifera. Il Venezuela ha votato contro la risoluzione Onu di condanna di Moscam assieme all’astensione di tutti i Paesi arabi grandi produttori di gas e petrolio.