
L’emergenza umanitaria assume intanto giorno dopo giorno dimensioni sempre più sconvolgenti: dall’inizio della guerra un milione e mezzo di ucraini ha lasciato il paese cercando rifugio all’estero. Prigionieri della guerra i più deboli e la famiglie dei soldati che combattono. Scarseggia il cibo, e l’Ucraina sospende l’export di alcuni prodotti alimentari. I supermercati di tutto il Paese sono a corto di prodotti mentre le vie di approvvigionamento diventano più difficili.
Alle 8 dovrebbe iniziare un cessate il fuoco. Lo ha annunciato la Russia attraverso le sue agenzie stampa, spiegando che farà evacuare i civili da Kiev, Mariupol, Kharkiv e Sumy, cioè quattro delle città in cui si sono concentrati i combattimenti negli ultimi giorni. La decisione sarebbe stata assunto dopo la richiesta forte di Macron nel corso della lunga telefonata con Putin.
Sul piano della diplomazia, vari i fronti di trattativa aperti, ma senza successo. Dopo l’importante tentativo di Israele di mediare fra le parti in guerra ricco di molte complessità strategiche, ieri il leader francese Macron ha avuto una lunghissima telefonata con Putin, ma il presidente russo: ‘vado avanti’ ma definisce meglio la sue condizioni chiave rispetto al precedente colloquio di giovedì scorso.
La «denazificazione» dell’Ucraina, la sua «neutralità», il riconoscimento dell’annessione della Crimea e dell’indipendenza del Donbass.
«Siamo pronti a discutere alcuni modelli non Nato. Per esempio ci potrebbero essere delle garanzie dirette da parte di Paesi come gli Usa, la Cina, la Gran Bretagna, forse la Germania e la Francia. Siamo aperti a discutere queste cose in un più largo, non solo in discussioni bilaterali con la Russia ma anche con altri partner»: lo ha detto in un’intervista a Fox News David Arakhamia, capo negoziatore ucraino e leader del partito di Zelenski nel parlamento di Kiev, alla vigilia del terzo round di colloqui con Mosca.
«Le uniche parti su cui è quasi impossibile essere d’accordo – ha detto ancora – sono la Crimea e le sedicenti repubbliche (del Donbass) che la Russia insiste che riconosciamo come indipendenti. Questo non è accettabile per la società ucraina. Non sono i politici, ma il popolo ucraino che non vorrà mai che accada».
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