
I contorni dell’azzardo tentato da Putin si vanno delineando. La partita che il cinico signore del Cremlino sta giocando riguarda solo marginalmente l’Ucraina. Questo martoriato Paese è divenuto, suo malgrado, il campo neutro dove, in un certo senso, si gioca il futuro del mondo che verrà. E badate, non è solo un problema di “democrazia”. No, in ballo ci sono fattori che, al di là dei modelli istituzionali ed economici, toccano le radici più profonde di un popolo: storia, tradizioni, relazioni sociali, religione. In una parola, cultura. Dunque, aggredendo l’Ucraina, come un qualsiasi “caudillo” sudamericano, Putin si è isolato? Ragioniamo.
Di fronte al palese e sanguinoso atto di “pirateria” internazionale compiuto dalla Russia, ben 35 Paesi hanno scelto di non firmare la risoluzione di condanna dell’Onu. Astenendosi. Parliamo, in particolare, di quasi tutta l’Asia (Cina in testa), del 90% del mondo islamico e di altri grossi calibri come Brasile, Sudafrica, Nigeria e Messico. Un vero e proprio rischieramento geostrategico, che suona come una sconfitta diplomatica per l’Occidente. In sostanza, il blocco arabo e quello asiatico hanno mostrato all’Europa dove batte il nuovo centro di gravità del pianeta.
Colpisce, ad esempio, vedere sulla stessa linea due nemici storici come Pakistan e India. Il primo, dopo la precipitosa ritirata degli americani dall’Afghanistan, cerca di colmare il vuoto che si è creato, allacciando rapporti più stretti con Mosca. Il premier, Imra Khan, ha incontrato Putin di recente, “perché il Pakistan cerca una nuova partnership con la Russia, per controbilanciare i suoi legami con l’Occidente”, come dice ad Al-Jazeera l’analista Salman Zaidi (“Islamabad Jinnah Institute”). Tuttavia, le motivazioni economiche sono altrettanto forti. Sul tavolo c’è il gigantesco progetto del “North-South Gas Pipeline”, un gasdotto da 2 miliardi e mezzo di dollari, che sarà costruito dai russi e che porterà LNG rigassificato da Port Qasim (Karachi) al Punjab.
Le motivazioni che invece hanno indotto Narendra Modi, primo ministro indiano, a barcamenarsi tra Putin e Biden sono più squisitamente politico-strategiche. L’India è stata per decenni una vecchia (e fedele) alleata della Russia, in funzione anti-pakistana e anti-cinese. Da Mosca ha comprato e continua a comprare armi di tutti i tipi, più o meno sofisticate. Da diversi anni, però, si è avvicinata anche agli Stati Uniti, entrando in un vero e proprio patto militare quadrilaterale dell’Indo-Pacifico, assieme anche a Giappone e Australia. Da Washington prende soldi e armi, ma, nei momenti che contano, sa anche prendere le distanze.
Così, sulla spinosa questione ucraina, l’India si è lavata le mani, non pronunciando una sola parola di condanna contro Putin. E questo nonostante Biden abbia fatto il diavolo a quattro per avere uno straccio di dichiarazione, da esibire al Congresso. Invece, niente. New York Times e Washington Post ci sono andati giù pesanti, commentando il funambolismo diplomatico di Narendra Modi. Figlio anche, occorre sottolinearlo, dei sofisticatissimi missili S-400 che Putin gli ha venduto, nonostante le sanzioni americane. Sì, perché dovete sapere che alla Casa Bianca masticano amaro. Hanno fatto finta di non vedere i russi che, beffardi, contrattavano le loro micidiali batterie antiaeree con l’India. Sperando, inutilmente, che Modi, pieno di gratitudine, li contraccambiasse sul piano diplomatico, condannando l’invasione dell’Ucraina.
Ora, però, il Dipartimento di Stato ha mutato registro. Secondo l’Indian Express, un inferocito Antony Blinken, con un cablogramma, ha ordinato ai diplomatici Usa d’informare Delhi che “con la sua astensione, l’India si è messa nello stesso campo della Russia”. Il cablo, “sensibile”, ma non “classificato”, è stato però reso pubblico e sarebbe arrivato alle ambasciate Usa di 50 Paesi. Per non scatenare un putiferio, sostiene sempre Shubhajit Roj dell’Indian Express, il portavoce del Dipartimento di Stato ha detto che “il cablo è stato rilasciato per errore” e che “il linguaggio era impreciso”. Che, comunque, le relazioni tra Stati Uniti e India, in questo momento, a causa della crisi ucraina, siano abbastanza spigolose è testimoniato anche da un altro fatto.
L’Assistente Segretario di Stato per gli affari dell’Asia meridionale e centrale, Donald Lu, in audizione davanti alla Commissione esteri del Senato, ha sostenuto che Antony Blinken si è impegnato al massimo per portare l’India dalla parte dell’Occidente. E ha aggiunto che non c’è alcuna necessità di sanzionare “un importante partner per la sicurezza che ha acquistato i sistemi russi di difesa aerea S-400”. Una mossa che, in questo momento, sarebbe vista come una rappresaglia contro Delhi. A ogni modo, il contrattacco di Biden c’è stato, perché Donald Lu ha annunciato che gli indiani “spontaneamente”, hanno (o avrebbero?) annullato tutti gli ordinativi fatti alla Russia per acquistare caccia MiG29 “Fulcrum”, decine di elicotteri d’assalto e numerosi stock di missili anticarro.
Qualche considerazione. Se sulla tragedia ucraina l’Europa continuerà a darsi solo delle risposte “politically correct”, senza farsi delle domande, magari scomode, ma più approfondite, allora continuerà a girare in tondo. Negli Stati Uniti l’hanno capito da un pezzo e il livello del dibattito è di ben altra caratura. Da noi, invece, imperversa una sorta di “eurocentrismo” culturale, che trascura sensibilità, prospettive e interessi del resto del pianeta.
Ci riteniamo gli scudieri della democrazia. Ma di quella a “geometria variabile”, a seconda delle convenienze: perché i sacri principi a volte si applicano con durezza, ma capita anche che si debbano “interpretare”. Dipende.