
In un colpo solo, con la sua finora fallimentare blitz-krieg, è riuscito a coalizzare quasi tutto il mondo contro la Russia. Anche se, scava scava, sotto le apparenze forse la realtà è un tantino diversa perché gli Stati non hanno né amici e né nemici, ma solo interessi. Comunque sia, un obiettivo Vladimir Vladimirovic pare averlo raggiunto: ha messo nei pasticci Joe Biden. Il Presidente americano, scrive il New York Times, ha dovuto cambiare in fretta e furia il suo discorso sullo Stato dell’Unione, che doveva trattare essenzialmente temi economici. E invece, “Mr. President”, è stato costretto a parlare soprattutto della tragedia ucraina. Biden, che già usciva malconcio dalla disastrosa ritirata afghana e dalla discutibile gestione di altre aree di crisi (dal Medio Oriente al Golfo Persico, fino al Mar Cinese meridionale) anche sul caso Ucraina finora non è che abbia convinto i suoi concittadini.
Impressioni? No, numeri. Assolutamente inappellabili, che forse spiegano come mai “Sleepy” Joe, in questi ultimi giorni, sia letteralmente scomparso dalla circolazione, mentre Putin scaricava missili e bombe a tutto spiano da Kiev al Donbass. Parliamo, evidentemente, di “polls”, che la “madre” di tutti i sondaggisti, RealClearPolitics, ha snocciolato per lo sconforto del Partito Democratico, che ha l’occhio lungo verso le elezioi di Medio termine, in autunno. Il “Job approval”, cioè il sostegno all’operato della Casa Bianca, è soto del 40%. Un pugno allo stomaco, dopo poco più di un anno di mandato e un’alluvione di promesse, Certo, tra pandemia, incarognirsi di alcune crisi internazionali, scarsa crescita, inflazione galoppante e guerra ucraina, Biden non è stato fortunato. Però, è risaputo, gli americani non fanno sconti e tirano dritto. C’è un blocco di mezzo dell’elettorato, molto consistente e poco “ideologizzato”, dagli umori mutevoli, che si fa sentire.
“Rasmussen” dice che il gradimento per il Presidente è al 40%, “Usa-Today-Suffolk” al 39% e, addirittura “Quinnipiac” al 38%. Stesse cifre (tra il 38 e il 40%) per “Harvard-Harris” e “NPR-PBS-Marist”.Ma quello che è più terrificante, è il giudizio (“Usa-Today”) dato sul lavoro del Congresso a maggioranza Democratica: solo il 15% degli elettori lo giudica sufficiente. E la direzione in cui va il Paese? “Wrong track”, sbagliata. Si va dal 21% di “Usa-Today” al 32% di “Rasmussen”, al 29% di “Harvard-Harris”, fino al 31% di “NPR-PBS-Marist”. Tuttavia, dove lo scenario diventa preoccupante per il partito di Biden è quello definito dai sondaggi come “generic congressional vote” per il 2022, che riguarda, in pratica, le proiezioni per le elezioni di Medio termine.
Qui, probabilmente, le pesanti esitazioni in politica estera, accoppiate a un’inflazione che presto potrebbe sfondare il muro dell’8% (non si vedeva da quarant’anni) hanno rilanciato alla grande l’opposizione repubblicana. Digerite le scorie del “trumpismo”, molti americani si stanno girando dall’altro lato. E così Biden, dopo poco più di un anno di mandato, si è praticamente mangiato tutto il vantaggio che i Democratici avevano nel Paese. “ABC-News-Washington Post” (49%-42%), “FOX News” (49%-45%) e “Harvard-Harris” (51%- 49%) danno tutti vincenti i Repubblicani. Cosa che, se si avverasse con un salto di maggioranza al Congresso, farebbe di Joe Biden una “lame-duck”, un’anatra zoppa, come viene definito un Presidente degli Stati Uniti che non riesce più a far passare le leggi di spesa.
La sensazione, a leggere molti dei commenti (una vera valanga) che inondano stampa e blog Usa, è che lo sviluppo della crisi ucraina abbia colto un po’ tutti di sorpresa. Può sembrare paradossale, visti gli avvertimenti lanciati dalla Casa Bianca (e dal Pentagono), da almeno due mesi. Ma voci di corridoio dicono che nessuno credeva veramente a un’invasione su larga scala. In molti pensavano a un’azione, tutt’al più circoscritta al Donbass. Lo schieramento lungo la Bielorussia veniva interpretato come forma di pressione psicologica. Per trattare da una posizione di forza. Invece, non è andata così. E i titoloni ora si sprecano, anche contro l’Amministrazione Biden, “Mai sottovalutare il tuo avversario” scrive Daniel McCarthy su “The Spectator” e Stephen Moore, sul “New York Post”, si chiede quanto costerà agli americani la “guerra sull’energia scatenata da Biden”.
Più in generale, la stampa d’Oltreoceano usa meno retorica e più riflessione rispetto a quella europea. New York Times, Washington Post e Wall Street Journal avvertono che la crisi ucraina pone mille domande per le quali, per ora, non ci sono molte risposte.
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Il difficile mestiere di raccontare stando in casa del Cattivo. E a proposito di stampa con meno retorica e più riflessione, la solidarietà di tutto RemoContro al corrispondente Rai da Mosca Marc Innaro. Assieme indignati e stupiti per l’attacco insensato e vigliacco che sta subendo l’ottimo Marc, ‘colpevole’ di aver ricordato la storia nell’espansione Nato ad est, dato di fatto noto e tra le motivazioni per il gesto folle di Putin, non certo a giustificare ma a spiegare. Giornali seri e prestigiosi Usa ed europei lo avevano raccontato molto prima e più diffusamente di Marc, ma la piccola politica preferisce forse il più innocuo bla bla video a riversarci addosso tante opinioni travestite da analisi. Tutti in coro. 74 giorni di bombe Nato sulla Jugoslavia dell’allora cattivissimo Milosevic li rivivo accanto a Marc. Anche se non sono sicuro che la mia solidarietà possa aiutarti o diventare parte degli atti d’accusa. Un abbraccio, Ennio Remondino.