
Il Presidente Usa si è mosso in maniera contraddittoria, non facendo capire agli alleati che la partita è più grossa di quello che sembra. E che potrebbe non giocarsi solo in Ucraina. Il Donbass, in fondo, era solo un pretesto. Perché la guerra mondiale, tra il Cremlino e gli Stati Uniti, era già riesplosa da un bel pezzo. Da quando l‘Occidente, approfittando del tracollo dell’Urss, aveva riscritto la mappa dell’Europa, stracciando la vecchia dottrina delle “sfere d’ìnfluenza” e rimangiandosi le promesse di non allargare la Nato a Est. Era l’epoca della “fine della storia” e della (molto presunta) vittoria del modello capitalistico.
Nella nuova Russia post-perestrojka, la fame si tagliava col coltello e nel tritacarne sociale c’era finto anche un grigio funzionario del Kgb di Leningrado, che lavorava a Dresda, in Germania Est. Per sbarcare il lunario, si era messo a fare il tassista. Ma siccome ci sapeva fare, poi si era lanciato in politica, diventando uomo di fiducia del sindaco di San Pietroburgo, Anatoli Sobchak e pupillo dell’ultimo affossatore dell’Unione Sovietica, Eltsin. Da allora, Vladimir Vladimirovic Putin ha scalato vette da capogiro, fino a regnare sulla Santa Russia più a lungo di Nicola II. E, aggiungiamo noi, esercitando un potere probabilmente più saldo di quello dell’ultimo zar.
Gli Stati Uniti avevano pensato che l’Unione Sovietica si fosse auto-liquidata, definitivamente, sotto i calcinacci del suo collasso economico. E che quello che ne era rimasto potesse essere trattato con la punta della scarpa. Tragico errore. Che gli americani fanno come tutti quei popoli che non hanno storia. O che hanno la memoria corta. Beh, quello che vuole Putin, finalmente l’ha detto anche Biden, l’altra sera. Ma solo perché, nel suo fluviale “discorso alla nazione”, che annunciava l’attacco all’Ucraina, lo stesso Putin era stato di una chiarezza disarmante. Partendo da Pietro il Grande e arrivando fino a Lenin, il signore del Cremlino ha detto che non gli interessa ricostituire l’Urss. No. Lui vuole di più.
Con un tono quasi messianico, ha ribadito che sogna la resurrezione della Russia imperiale. Cosa che, strategicamente, implica una visione egemonistica del pianeta, dal Baltico al Mar Nero e dall’Artico fino a Vladivostok, a due passi dal Giappone. In questo senso, l’Ucraina è solo una tessera di un mosaico più complesso, che Biden e i suoi “adviser” faticano ad inquadrare. Dunque, se la Nato è l’ombrello degli “intoccabili”, tutti gli altri Paesi, in teoria (ma anche in pratica), potrebbero essere vittime della Dottrina Putin. Rumors già annunciano manovre russe in Transnistria, con la Moldavia nel mirino. Mentre lasciano pensare le preoccupate dichiarazioni del Ministro della Difesa finlandese, Puikkinen, che ha manifestato profonda inquietudine per le sorti del suo Paese nel futuro. Insomma, nemmeno a Helsinki si sentono tanto sicuri.
E che dire del processo di “europeizzazione” di tutti gli Stati balcanici? Proprio in questo spicchio d’Europa giace quella che in futuro potrebbe essere per l’Occidente la “madre” di tutti i problemi: la Serbia. Una piccola e fiera nazione decisamente pro-russa (all’85% ), che tra il 2015 e il 2019 ha già fatto manovre militari congiunte con i carri armati di Putin. Potrebbe diventare il cavallo di Troia della Russia nel cuore del Vecchio Continente?
Altre due riflessioni che devono essere fatte, toccano invece scenari extra-europei. Il primo è il Golfo Persico, dove il Presidente dell’Iran, Raisi, ha espresso “comprensione” per Putin, accusando l’Occidente di essere responsabile della crisi ucraina. Una stretta alleanza tra Mosca e Teheran, potrebbe consentire ai russi di controllare indirettamente il collo di bottiglia dello Stretto di Hormuz.
La seconda macro-area da prendere in considerazione è l’Indo-Pacifico e, in particolare, Taiwan. Ormai, sembra chiaro, c’è una sorta di alleanza strategica tra Russia e Cina. Esiste un’intesa riservata che riguarda Formosa? La domanda non è peregrina. Avere insistito costantemente su una rigida applicazione del diritto internazionale, nel caso dell’Ucraina, fissa un precedente che per Taiwan sarebbe inapplicabile. Dato lo status giuridico dell’isola.
A nostro avviso, è qui che potrebbe veramente scoppiare la Terza guerra mondiale. E non per la lesione dei diritti, ma per quella degli interessi.