
«Boris Johnson e Joe Biden ritengono che rimanga “una finestra cruciale per la diplomazia e per la Russia per fare un passo indietro dalle sue minacce nei confronti dell’Ucraina», dopo una telefonata di 40 minuti tra i due leader lunedì sera.
Sebbene né il Regno Unito né gli Stati Uniti invieranno truppe per difendere l’ Ucraina , hanno insistito sul fatto che qualsiasi ulteriore incursione russa “si tradurrebbe in una crisi prolungata per la Russia con danni di vasta portata sia per la Russia che per il mondo”».
Anche in Gran Bretagna qualcuno inizia a preoccuparsi di troppa aggressività per ora versale da parte occidentale.
L’espansione Nato verso Est, rievoca il Corriere della Sera. Il motivo ufficiale era stata la difesa dal lancio di ordigni da parte di Corea del Nord e Iran. Ma lo scudo difensivo che gli Usa decisero di installare in Polonia e Repubblica Ceca e poi Romania, di fatto riduce la sicurezza russa perché può anche intercettare eventuali armi nucleari lanciate da Mosca in risposta a un teorico attacco americano con missili intercontinentali.
Le preoccupazioni russe sono all’origine dell’abbandono dei vari tavoli negoziali. Poi gli Usa sono unilateralmente usciti da accordi sugli armamenti accusando la Russia di averli già violati.
«L’allargamento della Nato non è all’ordine del giorno». Il cancelliere Olaf Scholz in vista a Kiev spegne il «sogno» del presidente Zelensky che coincide con il peggior incubo per Mosca. Obiettivo tedesco, una ‘de-esclation’, nonostante Berlino abbia giurato di stare «al fianco dell’Ucraina» e anche di essere pronta a «ritorsioni ampie ed efficaci» contro la Russia.
La partita del gas e il minacciato embargo Usa al Nordstream. Versione ucraina della questione: «Per noi il gasdotto è una grave minaccia, ma non so davvero quali sanzioni verranno usate in caso di escalation. Scholz su questo punto non mi ha risposto. Potete chiedere a lui» è l’invito di Zelensky ai giornalisti in conferenza stampa al termine del vertice bilaterale.
Ma il cancelliere non replica, o meglio, taglia corto alla frecciata scoccata dal suo omologo: «Sappiamo bene cosa fare. Nessuno dubiti della nostra determinazione».
Ma Zelensky non insiste, osserva Sebastiano Canetta sul manifesto. La Germania, ci ricorda, è il maggior creditore dell’Ucraina e in più Scholz gli ha appena promesso «l’esborso accelerato» dei fondi Ue: 1,2 miliardi di euro di cui un quarto garantito proprio dalla Repubblica federale. «È l’unica vera offerta dei tedeschi agli ucraini che invece vorrebbero le armi made in Germany, a partire dai visori notturni e dai 12.000 razzi anticarro chiesti ieri dall’ambasciatore ucraino a Berlino, Andrij Melnyk».
In casa tedesca non si placa la polemica interna sul ruolo dell’ex cancelliere Gerhard Schröder entrato nel Cda di Gazprom: metà del partito lo vede come il lobbista di Putin in Europa, l’altra metà lo considera come la «naturale» controparte tedesca sul fronte energetica con la Russia.
Al Bundestag sempre meno politici mettono in discussione il Nordstream, compresa l’opposizione al governo: «Invece di seguire gli Usa, Scholz chiarisca una volta per tutte che la pipeline è un progetto sovrano per assicurare l’approvvigionamento energetico ai cittadini tedeschi» riassume la deputata Sevim Dagdelen, responsabile esteri della Linke.
A insistere sulla sanzioni contro Mosca sono solo Verdi e liberali, ovvero la ministra degli Esteri, Annalena Baerbock, e il ministro delle Finanze, Christian Lindner. «Ma la loro posizione si limita alle parole e paradossalmente aiuta il governo Scholz a tenere i piedi in due staffe», annota ancora Canetta.
«Realpolitik indigeribile per gli Stati Uniti che, in attesa dell’insediamento della presidente della University of Pennsylvania, Amy Gutmann, hanno affidato l’interim della sede diplomatica di Berlino all’attuale incaricata d’affari, Robin Quinville: esattamente l’esperta dell’allargamento della Nato a Est».
No alla Nato, ma sì all’Europa a spinta tedesca, rilancia il cancelliere. «Nessun altro paese ha aiutato gli ucraini in modo così massiccio» sottolinea Scholz riferendosi ai 2 miliardi di dollari versati all’Ucraina dal 2014 ma anche all’addestramento degli ufficiali dell’esercito di Kiev, alla cura dei feriti nelle cliniche in Germania e al mega-ospedale da campo appena regalato dalla Bundeswehr.
Donazioni materiali destinate ad aggiungersi al mega-pacchetto di 150 milioni di euro a fondo perduto che ieri Scholz ha promesso a Zelensky, più altrettanti del prestito già acceso ma non pienamente utilizzato. Vuol dire soldi in cambio di distensione.