
Già la sottosegretaria di Stato per gli affari politici Victoria Nuland, quella del ‘vaffa’ all’Unione europea durante la prima crisi Ucraina, in visita a Bogotà, aveva denunciato «minacce di attori stranieri contro le reti pubbliche e private» della Colombia, alla vigilia delle elezioni. Citato come esempio –guarda caso-, l’«interferenza russa nelle elezioni statunitensi del 2016».
La Colombia, da sempre un alleato chiave degli Stati uniti, è stato anche il primo Paese in America latina a entrare nella Nato, nel 2018, come «partner globale». Imprecisati attori stranieri alla frontiera con la Colombia», sostiene il ministro della Difesa colombiano Diego Molano, secondo il quale il Venezuela, da sempre accusato da Bogotà di proteggere le dissidenze delle Farc e l’Eln, starebbe ammassando truppe al confine colombiano con il sostegno della Russia dell’Iran.
Una denuncia, quella del ministro, definita «irresponsabile» dalla Russia, la cui ambasciata a Bogotà ha respinto qualsiasi accusa di «presunte interferenze negli affari interni della Colombia», come rimarca Claudia Fanti.
Ad alimentare l’allarme sulla presenza russa in quello che è da sempre considerato il “patio trasero”, il cortile di casa degli Stati uniti, sono state però anche le dichiarazioni del viceministro degli Esteri russo Sergei Ryabkov, il quale –nel pèiano0 della crisi icraina-, non aveva scartato un possibile dispiegamento di forze militari in Venezuela e a Cuba in risposta all’azione degli Usa in Ucraina.
«Non rispondiamo a ogni fanfaronata della Russia, ma prendiamo sul serio gli sforzi di destabilizzare la regione o di interferire nelle sanzioni internazionali contro il Venezuela», ha dichiarato il sottosegretario Nichols a El Tiempo: «i tentativi di portare il conflitto dell’Ucraina nell’emisfero occidentale sono inaccettabili e lavoreremo con i nostri soci per prevenirli».
Non deve essere risultato gradito agli Usa neppure l’incontro del 3 febbraio tra Alberto Fernández e Putin, al quale il presidente argentino ha espresso l’auspicio che il suo paese diventi per la Russia «una porta di ingresso in America latina, in vista di un più deciso ruolo di Mosca nella regione».