La crisi interna ucraina di cui nessuno ci racconta

Lex presidente Poroshenko è tornato da due settimana a Kiev, nonostante l’accusa di alto tradimento. Gioco pesante e personaggio pronto a tutto. Poroshenko, miliardario in un Paese quasi alla fame, le spara grosse. «Putin è un pazzo e va fermato. Si crede a metà fra un imperatore e Dio».
L’ex presidente che di se ha evidentemente una grande opinione demolisce anche il successore: «In poche ore può portare le truppe al confine e Zelensky è impreparato». In attesa del giudizio per l’accusa di tradimento, lui scalda la piazza.
Putin intanto apre a Draghi (forniture di gas assicurata), ma accusa gli Usa e la Nato: «Ci ignorano». Orban a Mosca sul dossier energia

Morire per Kiev?

Dobbiamo morire per l’Ucraina? chiede l’inviato del Corriere della sera Francesco Battistini all’ex presidente sconfitto che ora torna a cercare una nuova ‘maidan’, una sua piazza. «Non ce n’è bisogno. Possiamo proteggere la nostra terra, se ci attaccano. Non ci aspettiamo che gli americani o gli italiani vengano a combattere per noi. Abbiamo 250mila soldati e in una settimana possiamo averne 500mila. Forti e motivati». Sperando di non doverlo verificare, l’auto glorificazione: «Quando da presidente comprai i nuovi anticarro Javelin dagli Usa, l’accordo con la Casa Bianca era che non li schierassi in prima linea. Dovevo tenerli nei depositi. Io invece feci finta di nulla e dissi pubblicamente che ogni brigata ucraina li avrebbe avuti: sa che il giorno dopo i carristi russi si son rifiutati d’andare al confine? Avevano paura d’essere polverizzati».

Poroshenko le spara grosse su amici e nemici

  • «Potenziamo le capacità militari dell’Ucraina, con armi di difesa e non d’attacco: dobbiamo dimostrare che questa decisione assurda ha un prezzo altissimo».
  • «Quando decine di migliaia di russi torneranno nelle bare, Putin forse capirà che sarebbe stato meglio evitare questo passo folle. Servono sanzioni anche sul gasdotto, che riguarda più la sicurezza che l’energia o l’economia: l’Europa ora sta pagando l’avere ignorato il fattore sicurezza del Nord Stream 2».
  • «Quando me ne sono andato, nel 2019, l’esercito era meglio addestrato, motivato, equipaggiato. Ora la sensazione è che sia di nuovo peggiorato. Dobbiamo spendere almeno due miliardi di dollari».

E la crisi politica interna si aggrava

Poroshenko forse non solo per caso. Prima del suo rientro in patria aveva incontrando politici a Bruxelles, e in altre capitali europee. Ora il suo rientro e, da quanto va dichiarando, si confermano timori di una crisi politica interna con l’Ucraina che potrebbe implodere dall’interno. Mentre a livello internazionale la crisi sembra essere finita in un vicolo cieco. «Le verità che non possono essere dette ad alta voce», denuncia Eleonora Tafuro Ambrosetti, dell’Ispi: «la NATO non può ammettere che l’adesione di Ucraina e Georgia non è un’ipotesi pensabile. La Russia non può ammettere che le attività della NATO sul territorio ucraino non siano a suo danno».

Draghi e l’Italia, ritorno a Minsk

Putin e Draghi al telefono. Putin ha ricordato a Draghi le responsabilità del governo di Kiev sugli accordi violati di Minsk, che reggono la tregua armata nel Donbass. Putin ha garantito, poi, la «disponibilità a mantenere stabili le forniture di gas dirette all’Italia». «Di questo passaggio si trova traccia soltanto nel resoconto del Cremlino, non in quello di Palazzo Chigi», rileva Luigi De Biase sul manifesto. Forse un po’ di ipocrisia, ma è questa la partita economica chiave che sta lacerando il ‘fronte occidentale’ rispetto alle ondeggianti spinte Usa. Per la stessa ragione ieri a Mosca è volato il premier ungherese, Viktor Orbán in cerca di gas e rielezione.

Sovranisti altalenanti, un po’ qua un po’ là

Orbán sabato ha anche firmato, a Madrid, con il premier polacco, Mateusz Morawiecki, il leader di Vox, Santiago Abascal, e Marine Le Pen del Rassemblement National il documento dei sovranisti europei di denuncia contro le «azioni militari della Russia, azioni, dice il testo, che portano sull’orlo della guerra».

Telefoni infuocati carri armati fermi

Altro scambio telefonico ieri fra il segretario di stato, Blinken, e il ministro degli Esteri russo, Lavrov sul ritiro delle truppe russe dal confine con l’Ucraina. «Spero che alla fine troveremo questa soluzione, anche se non sarà semplice», ha ripetuto Putin in serata. Resta il fattole autorità di Kiev continuano ad avere un ruolo marginale, nonostante Poroshenko. Salvo dover accogliere il premier britannico Johnson, cha scappa dai guai di casa portando in dono armi.

Le forze armate ucraine

E il segretario generale della Nato, Stoltenberg, insiste a parlare di «capacità di autodifesa» dell’Ucraina. Guerra, ma solo in casa e tra di loro? Oggi l’esercito ucraino dichiara 560.000 uomini fra personale in servizio e riservisti. Allo stesso tempo Zelensky intende abolire la leva obbligatoria dal 2024 per passare gradualmente a un esercito di professionisti. E ha ordinato al governo di rivedere tutti i contratti del settore, compresi, quelli della guardia nazionale, il corpo sotto il comando del ministero dell’Interno con i battaglioni di volontari molto sospetti arruolati fra i movimenti ultranazionalisti.

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