Iraq del dopo Usa ma senza governo, aeroporto di Baghdad bersaglio

Non è chiaro chi abbia colpito lo scalo internazionale ma l’attacco certamente si collega alle forti tensioni tra gli schieramenti sciiti rivali che ancora non hanno trovato un accordo per la formazione del nuovo esecutivo ad oltre tre mesi dalle elezioni di ottobre.

Razzi sulla crisi di governo

Ieri, prima dell’alba, un gruppo non ancora identificato ha lanciato diversi missili contro l’aeroporto di Baghdad, di cui sei sono andati a segno danneggiando la pista d’atterraggio e due velivoli civili parcheggiati.

Governo e presidente

«Anche l’Iraq si accinge a scegliere il suo presidente», segnala Michele Giorgio, NenaNews. Il 7 febbraio il parlamento si riunirà per nominare il successore di Barham Salih che sulla base di accordi non scritti sarà un esponente della minoranza curda. «Ma è difficile che per quella data il paese abbia anche un nuovo governo, dato che lo scontro tra le forze sciite e la forte tensione politica è accompagnata da attacchi armati e attentati».

Attentato dimostrativo

Probabile attentato dimostrativo non ancora a cercare vittime.  Le forze di sicurezza hanno poi trovato a sud della capitale irachena, un camioncino con una piattaforma per il lancio di razzi. Appena tre giorni fa razzi Katyusha erano stati lanciati verso l’abitazione del presidente del parlamento, il sunnita Mohamed al-Halbousi. In precedenza, diversi attacchi con bombe a mano avevano preso di mira rappresentanti di partiti che potrebbero collaborare con il leader sciita Moqtada Sadr, il cui movimento, Sairoon, alle elezioni legislative dello scorso 10 ottobre ha ottenuto il maggior numero di seggi, 73 su 329 seggi.

Nazionalismo anti Usa e anti iraniano

«Sadr, è un nazionalista e se da un lato si è sempre battuto – in passato anche con le armi – contro l’occupazione statunitense del paese, dall’altro vuole anche limitare l’ingerenza iraniana nelle vicende irachene». I suoi avversari temono che possa formare una coalizione che escluda i partiti filo-iraniani. In realtà il leader di Sairoon punta a una soluzione di compromesso con i suoi rivali sciiti che escluda dal governo il partito Stato di diritto di Nuri al Maliki, l’ex premier legato a doppio filo a Tehran, che considera un «corrotto».

Capitale corrotta Paese infetto

Davanti alle divisioni nella casa sciita, l’iracheno comune si attende una posizione esplicita della «Marjaiya», l’istituzione religiosa con sede a Najaf guidata dal Grande Ayatollah Ali al Sistani. Un passo che potrebbe arrivare presto per evitare che lo scontro politico possa sfociare in nuove violenze di massa. Sistani in passato è più volte intervenuto in questioni politiche e di sicurezza. Di recente, pur mediando tra le posizioni, è sembrato appoggiare la linea nazionalista di Muqtada Sadr.

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