
Sarà il Qatar a salvare dalla fame e dal freddo di questo inverno glaciale la vecchia Europa? Forse l’Economist ci aveva azzeccato in pieno, quando ha dedicato una delle sue leggendarie copertine alla “economia della scarsità”, e adesso i nodi vengono al pettine. Prima i rimbalzi produttivi legati alla pandemia e poi la crisi ucraina hanno fatto andare in orbita il prezzo del gas naturale. Quello russo in primis. Politici e tecnocrati inetti non hanno saputo, in un ventennio, elaborare strategie energetiche affidabili e di lungo periodo. E ora cittadini e imprese pagano il prezzo salato di tanta incapacità. E siccome le disgrazie non arrivano mai da sole, oggi abbiamo un Presidente americano che quando si sveglia le rogne va a cercarsele di corsa. Così la crisi ucraina, stuzzicando il mastino che dormiva, ci si ha messi tutti nei guai in un colpo solo.
La Casa Bianca sa che Putin e pronto a utilizzare le sue esportazioni di gas naturale verso l’Europa (circa il 40% del fabbisogno) come una formidabile arma di pressione. La Russia fa arrivare ogni giorno, nel Vecchio Continente, circa 230 milioni di metri cubi di gas. Un terzo del prezioso combustibile viaggia attraverso le pipelines ucraine. L’incremento del suo prezzo si riverbera sull’energia elettrica e, a cascata, su tutti i comparti dell’economia. L’effetto più immediato è un rialzo dell’inflazione, l’aumento dei tassi d’interesse, una contrazione degli investimenti e una ripresa (sostenuta) della disoccupazione. Capito ora perché nessuno vuole morire per Kiev? Specialmente coloro che devono affrontare a scadenza più o meno ravvicinata il giudizio (e la rabbia) degli elettori. Capito ora perché Biden con questa storia dell’alleanza atlantica “dura e pura” fa un buco nell’acqua?
I consiglieri della Casa Bianca lo sanno e cercano di metterci una pezza. Per questo sperano che il Qatar (77 milioni di tonnellate/anno), secondo produttore mondiale di gas liquido dopo l’Australia, dirotti le esportazioni verso l’Europa. Anche se poi, almeno sulla carta, il Qatar ha già venduto in anticipo tutto il suo gas, di cui la gran parte in Asia. Ci sarebbe in ballo anche la Libia, ma qui, sul fronte italiano, nessuno sembra saperne nulla ed è grave. Gli americani (dicono) stanno trattando. Moltiplicando i possibili fornitori, magari con quantità più piccole. Così, aggiungiamo noi, l’economia di scala andrebbe a farsi friggere e il rischio sistemico salirebbe. Insomma, è un cane che si morde la coda. Biden si è lanciato a testa bassa in un risiko in cui ha tutto da perdere. A cominciare dalle sue elezioni di Medio termine. Ma noi europei abbiamo molto più da perdere.
Nessuno è così scemo da fare la guerra, ma già solo questa altalena di minacce e allarmi spesso strumentali può stroncare quella ripresa economica post-covid in cui tutti speravamo. La situazione globale è veramente molto seria. Xi Nan, amalista di Rystad Energy, sostiene che tutti i Paesi industrializzati, per fare fronte all’emergenza, hanno intaccato le riserve strategiche. Per cui, oggi i margini di manovra sono molto scarsi, e un’ accelerazione della crisi potrebbe portare al collasso molti sistemi produttivi. Tra le altre cose, la “stretta” relativa al gas e una novità che ha colto tutti gli specialisti impreparati. Le precedenti crisi energetiche avevano riguardato il petrolio e in quel caso i Paesi produttori avevano trovato forme di cooperazione in grado di dare risposte efficaci. Ma con il gas, stiamo scoprendo, è tutto diverso.