
«Ankara ha conquistato le cronache di tutti i media nel febbraio-marzo 2020, durante l’operazione Scudo di Primavera, nella sacca di Idlib, in Siria, con il primo uso sistematico di droni made in Turkey sul campo di battaglia», la premessa di Francesco Palmas in Analisi Mondo. L’esercito turco ha usato i suoi sistemi Anka e Bayraktar TB2 prima in Siria del Nord, poi in Libia, «rovesciando le sorti dei conflitti e ottenendo risultati militari significativi».
I turchi avevano già maturato una certa esperienza in fatto di droni. Ci lavoravano dalla fine degli anni ’90 e li usarono nella ‘guerra di controguerriglia’, contro il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, il PKK. Allora solo droni spia disarmati. Poi comprarono 10 sistemi Heron dagli israeliani, quando ancora erano amici. Andò male il tentativo di ottenere i Predator statunitensi. Nel 2004 le decisione di tentare l’autosufficienza sul fronte dei droni armati.
Subito armamento pesante. Il ‘TAI Aksungur’ bimotore, volo inaugurale 2019, 50 ore di autonomia e un carico di 750 chili. «All’ingresso in linea nel 2018, ha equipaggiato aeronautica, marina, gendarmeria e l’intelligence. Da quel momento in poi ha conosciuto una carriera bellica strepitosa. È stato ingaggiato nel nord-ovest della Siria, nell’operazione Ramoscello d’Ulivo (2018) contro le milizie curde dell’YPG». Battesimo del fuoco e i primi successi di mercato.
A novembre, tre sistemi venduti al Kazakistan, al centro della nota crisi interna. Negoziati in corso con due clienti ulteriori, finora sconosciuti. Il governo tunisino ha acquisito tre sistemi in un contratto da 80 milioni di dollari nell’agosto scorso. Poi un accordo col Pakistan per una produzione congiunta di droni Anka. «Islamabad produrrà alcune componenti dei droni, preparando il terreno all’integrazione di tecnologie turche nei suoi progetti autoctoni».
«Molto più noto dell’Anka nelle sue diverse varianti è però il drone tattico Bayraktar TB2, concepito da Kale-Baykar, un’azienda specializzata in meccanica e, inizialmente, in microdroni». Ed ecco il retroscena politico chiave. Le forze armate turche convinte a comprare da Selçuk Bayraktar, figlio del fondatore dell’azienda, tecnico titolato laureato al MIT di Boston, sposato con la figlia minore del presidente turco Erdogan, che forse non ha guastato.
Oggi, il drone equipaggia in almeno 110 esemplari non solo l’esercito ma anche la marina, polizia, gendarmeria e intelligence. Missioni di intelligence con attacchi degli obiettivi. Ed è boom export. 2017 sei TB-2 in Qatar. 2019 la commessa ucraina per 12 velivoli, con negoziati in corso per altri 54 velivoli. Le forze ucraine hanno impiegato uno di questi droni nel Donbass.
Dal settembre 2021, intesa con il ministero della Difesa ucraino per la produzione nella regione di Kiev, dei droni Anka, dotati di motori di produzione ucraina. Il personale ucraino sarà addestrato al pilotaggio e i droni saranno testati e mantenuti in operatività.
Il drone ha ottenuto commesse anche in Azerbaigian (6 esemplari?, poi in Libia, in Marocco (13), in Niger, in Polonia (24 esemplari), quindi in Kirghizistan (3) e in Turkmenistan. L’Arabia Saudita, l’Iraq, l’Oman, il Pakistan, il Kazakistan, la Lettonia, la Bulgaria, l’Ungheria, l’Albania, il Regno Unito, la Nigeria, il Ciad, l’Angola e il Togo potrebbero essere i prossimi clienti dei TB2, ormai operativi in più di 257 esemplari con i vari fruitori turchi e internazionali.
Questi droni sono stati i protagonisti indiscussi delle operazioni belliche in Siria, in Libia e in Nagorno-Karabakh, con l’elenco dettagliato dei bersagli vantati. 759 ‘obiettivi primari’, inclusi 120 carri armati, 46 veicoli da combattimento per fanterie, 142 pezzi di artiglieria eccetera. Perdite umane non elencate. UAV abbattuti o caduti, solo 19. Poi la cronaca di Francesco Palmas si addentra in dettagli di esclusivo interesse tecnico militare.