
Non solo economia ma politica a tutto campo. Il leader cinese ha invitato “le altre nazioni” (un modo elegante per indicare il blocco occidentale attorno agli Stati Uniti) ad abbandonare “la mentalità da Guerra fredda” per cooperare sulle sfide globali. «La storia – ha detto Xi – ha dimostrato più e più volte che lo scontro non risolve i problemi, ma porta solo a conseguenze catastrofiche. E solo una collaborazione globale potrà aiutare il mondo ad uscire dall’impasse».
Ma nonostante l’assoluto ottimismo vantato da Xi per le sorti dell’economia cinese, da Pechino arrivano segnali contradditori. Nel 2021 la Cina ha registrato una crescita annua dell’8,1%, la più alta in quasi un decennio. Ma malgrado la crescita all’apparenza impetuosa – scrive ISPI-, «l’economia cinese ha di fronte una triplice pressione, tra cui la contrazione della domanda, lo shock dell’offerta e aspettative più deboli». E la Banca nazionale Cinese ha annunciato ieri un taglio dei tassi d’interesse, per innescare una spinta alla ripartenza della seconda economia mondiale.
Altro dato che preoccupa Xi Jinping e il Partito comunista cinese, il tasso di natalità più basso da decenni. Nel 2021 in Cina le nascite sono crollate a 10,6 milioni. Solo 7,52 nuovi nati ogni mille abitanti, il numero più basso dalla fondazione della Repubblica popolare nel 1949. Il fenomeno ‘culle vuote’ che accomuna la Cina a molte altre potenze industriali, dal Giappone all’Italia. E secondo i trend attuali la popolazione cinese potrebbe dimezzarsi nel giro di 45 anni. E la spesa legata all’invecchiamento della popolazione triplicherà entro il 2050, passando dal 10 al 30% del Pil. Dati su cui riflettere anche in Italia.
Lockdown per intere città sta mettendo a serio rischio le catene dell’approvvigionamento. Finora la crisi dovuta principalmente alla mancanza di beni prodotti in Cina, come i microchip nel settore elettronico, ha causato un aumento generale dei prezzi e un conseguente aumento dell’inflazione nelle principali economie mondiali. Ma le cose potrebbero aggravarsi man mano che si avvicina il 1° febbraio, giorno del capodanno cinese, quando di solito molte fabbriche chiudono per circa una settimana.
Non solo lockdown, aggiunge Alessia Amighini, analista per l’Asia Centre. Le difficoltà già causate dalla carenza di energia elettrica, cui il governo fa fronte favorendo le grandi imprese di Stato rispetto alle piccole e medie imprese. Mentre all’estero, settori che non hanno provveduto a differenziare i fornitori si ritrovano a fronteggiare la scarsità di prodotti e materiali.