
E così, come molti avevano previsto, ci stiamo arrivando. Intendo dire che all’orizzonte sta spuntando la “crisi perfetta”, in grado di bloccare – o, quanto meno, di mettere in ginocchio – l’intero commercio mondiale.
Segnali molto precisi, anche se in assenza di notizie credibili sugli sviluppi della pandemia nella Repubblica popolare cinese, indicano infatti un possibile futuro blocco dei porti del Dragone.
Al riguardo la grande banca “HSBC” (Hong Kong & Shanghai Banking Corporation) ha avvertito in modo ufficiale che tale mossa, indipendentemente dalla tempistica e dalle sue dimensioni, è in grado di creare uno shock di grande portata nella catena mondiale degli approvvigionamenti.
In effetti i segnali già li abbiamo avuti, e molto dipende dall’aver ammesso, nel 2001, la Repubblica Popolare nel WTO (l’organizzazione mondiale del commercio) senza pretendere in cambio alcuna garanzia reale. Il presidente americano di allora, Bill Clinton ritenne che fosse un passo di portata storica, e che Pechino sarebbe presto diventata un’economia di mercato nel senso occidentale del termine.
Tuttavia non andò così. La Repubblica popolare divenne in men che non si dica “la fabbrica del mondo”. Le aziende occidentali, attirate dal basso costo del lavoro e dall’assenza di sindacati, iniziarono a delocalizzare attività anche strategiche.
Al contempo, ai prodotti cinesi furono riservati canali privilegiati, sempre con la scusa dei costi bassi. La qualità non era eccellente ma, in fondo, le cose funzionavano e tutti – così almeno pareva – ne traevano vantaggi.
In realtà i vantaggi erano più che altro per la Cina, un Paese che ha sempre avuto, nel corso della sua storia millenaria, una fortissima vocazione commerciale. Nulla sembrava fermare la corsa di Pechino verso il benessere interno e l’espansione della sua influenza economica e commerciale nel mondo intero.
Ma nella storia le crescite eterne non esistono, e ora anche il Pil cinese deve segnare il passo. Colpa, ovviamente, della pandemia di Covid 19 che iniziò (e ancora non si sa esattamente come) proprio a Wuhan.
I media del regime hanno fatto sforzi immani per convincere il mondo che la pandemia, in loco, era ormai domata grazie al lavoro indefesso del Partito comunista e del suo leader Xi Jinping. Ma non è mai stato così.
All’Oms Pechino continua a fornire dati su morti e contagiati incredibilmente bassi, dati che l’Organizzazione mondiale della sanità ora accetta con minore entusiasmo rispetto al passato.
In realtà il Partito/Stato deve fronteggiare in continuazione nuovi focolai, e lo fa con i suoi metodi coercitivi classici. Intere popolazioni entrano in lockdown e, viste le dimensioni delle città, si parla di milioni di persone rinchiuse in casa, con esercito e polizia che controllano sul serio (e se è il caso spediscono in prigione). Un fenomeno come quello dei “no vax” e dei “no green pass”, da loro, non sarebbe neppure concepibile.
Tra le ultime metropoli coinvolte ora c’è l’antica capitale imperiale di Xian con i suoi dintorni (13 milioni di abitanti). Pure lì, lockdown o no, è arrivata la variante “Omicron”. Da notare, tra l’altro, che i vaccini di produzione cinese si sono rivelati meno efficaci dei nostri, lasciando così i cittadini privi di difese almeno parziali.
Per farla breve l’economia del Dragone sta rallentando e le aziende cominciano ad avere il fiato corto. E il fiatone ce l’hanno pure i porti dai quali il “made in China” viene esportato ovunque. E’ in difficoltà, per esempio, il grande hub portuale di Ningbo, ma a quanto pare Shanghai e Hong Kong non se la passano meglio.
Per quanto riguarda l’Italia e l’Occidente in genere, ciò significa una prevedibile carenza di prodotti. Alcuni strategici come i microchip, necessari per le auto elettriche e per la transizione green in genere. Anche se i “signori della terra” che si sono prosternati davanti a Greta Thunberg non paiono aver compreso bene il problema.
Si tratta ora di capire se ci sarà davvero un blocco delle aziende e delle esportazioni cinesi e, nel caso, quali ne saranno le dimensioni. Tutti, a questo punto, dovremmo preoccuparci, al di là della maggiore o minore simpatia per il regime cinese. Risulta comunque difficile capire come abbia fatto l’Occidente a cacciarsi in una trappola come questa, che potrebbe anche rivelarsi mortale.