
Iran: questa volta il tempo sta scadendo sul serio e resta poco spazio per il “politichese”. I colloqui di Vienna sul nucleare fanno un passo avanti è due indietro, mentre la diplomazia americana e sul punto di arrendersi e quella israeliana, invece, programma sfracelli. Il Segretario di Stato USA, Antony Blinken, in un’ intervista esclusiva alla rete radiofonica NPR, apre, sconsolato, tutti i cahier de dolèances di Washington. Messa nel freezer la Cina (ma solo per ora), la sua attenzione si concentra su Putin e sulla Russia. Ma siccome la lingua batte dove il dente duole, la giornalista Mary Louise Kelly lo stringe all’angolo.
A parte Ucraina e Kazakistan, a molti sembra che nubi sempre più minacciose si addensino sul Golfo Persico. L’Amministrazione Biden può dire una parola chiara, una volta per tutte? Beh, 1a risposta di Blinken proprio chiara non è, ma sicuramente è di quelle che fanno drizzare le antenne. «Rimangono solo poche settimane di tempo prima che l’Iran produca sufficiente materiale fissile per fabbricarsi la bomba atomica». Blinken su questo è categorico. E allora, incalza l’intervistatrice, che si fa? Certo, la via diplomatica è sempre quella privilegiata. “Ma noi non escludiamo altre opzioni”, scandisce sibillino il Segretario di Stato. Già, ma quali? Non si sa.
Su questo aspetto (e ti pareva) Blinken appare decisamente abbottonato, anche se fa capire che si potrebbe arrivare all’uso della forza “d’accordo con gli alleati e con altri paesi arabi della regione”. Insomma, siamo sempre al punto di partenza. La verità è che gli iraniani giocano a guadagnare tempo, che gli americani stanno perdendo tempo e che gli israeliani (e i sauditi) non vogliono più perdere tempo. Scusate l’iterazione, ma è un modo efficace per rappresentare le diverse posizioni. La strategia di Trump, quando aveva ritirato il suo sostegno all’accordo sul nucleare, era quella di strangolare l’Iran attraverso la rigidità delle sanzioni economiche. Piano che ha funzionato, ma fino a un certo punto.
Le esitazioni di Biden, che ha cambiato almeno tre volte politica sull’Iran, hanno poi fatto il resto. Ora, di fronte a un pianeta scosso da numerose macro-aree di crisi, è logico che gli ayatollah giochino d’azzardo. Ritengono che a nessuno convenga fare una guerra nel Golfo Persico. Nemmeno a Israele. D’altro canto, dopo la traumatica rotta afghana e i complicati scenari creatisi nel sud-est asiatico, in Asia centrale, in Ucraina e in Medio Oriente, il fossato che divide l’Atlantico sembra allargarsi. Stati Uniti ed Europa marciano solo apparentemente insieme. L’asimmetria degli interessi e le diverse filosofie che sostanziano le loro relazioni internazionali, ci dicono che dietro le quinte esistono robuste divergenze di vedute. Sia per quanto riguarda la Cina e la Russia e sia sull’atteggiamento da tenere con l’Iran.
Laddove gli europei sembrano leggermente più ottimisti, rispetto ai colloqui di Vienna, gli americani manifestano, invece, un tendenziale pessimismo. In questo, forse, influenzati dal costante pressing che arriva dal governo israeliano, che vede proprio nell’Iran nucleare il nemico pubblico numero uno. Il pessimismo di Blinken va anche misurato facendo un’analisi comparativa con l’intervista sull’Iran, concessa, sempre alla NPR, quasi un anno fa. In quell’occasione, Blinken non solo sottolineò gli stessi argomenti negativi che adesso ribadisce a distanza di tempo .Ma parlò anche di un ulteriore problema, a cui non si è accennato in questo frangente.
Un problema che pure esiste e che nessuno (pare) voglia prendere di petto in questo momento. Si tratta del programma di missili balistici iraniani, secondo elemento fondamentale di un eventuale binomio con l’arma nucleare. Previsioni? Se entro due mesi non si dovesse bloccare, con un accordo, il programma atomico di Teheran, succederà qualcosa.