La libertà di stampa degli Assange che meritiamo

È esaltante il profumo di libertà che sale dalle arene mediatiche. Lo percepisci, un misto di aromi di intelligenza e potere, con quella sua fragranza antica e nel contempo nuova nuovissima, direi innovativa, di informazione appena messa a tavola, apparecchiata con i suoi servizi buoni, tra argenterie e cristalli, pizzi antichi, vezzi e vizietti. Una compagnia di amici che si leggono, stimano, interpellano e recensiscono l’un l’altro. Ospitate e libri cartonati buoni per fare un dono significativo a qualcuno che ti sta davvero sulle scatole.

Che cosa regaliamo al tuo capufficio, cara? Che ne pensi di una palla da bowling lanciata sul parabrezza? Bene, prenderò quel libro insulso di cui parlano tutte le tv, peggio di una palla da bowling.

Ma non è solo questo. Si fa per scherzare, ovviamente, ci sono anche grandi grandissimi giornalisti in giro sulle tv e anche scrittori magistrali: tutti eroi della libertà di stampa capaci di rendere questo paese quello che è. Sono i maestri, i maestri veri di quell’arte essenziale che è quella di interpretare le situazioni con destrezza e senza troppa memoria, annunciando verità senza curarsi che lo siano, adattando gli esiti alla situazione in trasformazione. Uno spettacolo che è anche avanspettacolo; sono i migliori esemplari che abbiamo, i navigatori perfetti che non hanno mai sbagliato un approdo. Pronti a impugnare le loro migliori armi per guidare l’informazione all’assalto se non si tratta di prendere mezza posizione che sia scomoda o che sia poco accettabile per il potere. Qualunque potere.

Ma che classe… non importano i contenuti, basta osservare i contenitori di quei contenuti. Per esempio mi affascina un direttore di giornale, interpellato costantemente su tutto, che enunciando posizione da brodino riscaldato somiglia a una camicia buttata su una catasta di panni da stirare. Moscio, arrendevole, simbolicamente adattabile alle circostanze.

E poi ci sono quelli scalmanati, quelli ululanti, quelli che tolgono la parola e quelli che dicono di no con la testa in una rappresentazione plastica della meraviglia informativa, in un processo del lunedì che ormai è diventato modello e paradigma.

Sono loro i nostri Julian Assange? dico durante un taglio di basette dal barbiere anarchico alchimista rurale. Ma va, risponde. Per loro Assange non esiste, è un problema che non si pongono e non si possono porre. Ne hai sentito parlare in uno dei loro stucchevoli salottini? Ha rivelato verità inconfessabili ed efferatezze tali che in un sistema democratico dovrebbero far saltare i palazzi del potere. Invece è in carcere lui. Domanda: perché mai dovrebbero parlarne? E perché poi dovrebbero essere diversi da come sono, visto che assolvono perfettamente al loro compito. Mica penserai che se la situazione è così penosa sia solo colpa della politica o dei cittadini ignoranti… E poi, aggiunge il barbiere, sono loro gli Assange che meritiamo. Farlocchi anche quando sono sulle barricate. Qualora riuscissero a salirci con le loro scarpine di nappa.

Ps. In mancanza di altre informazioni, per saperne di più sulla carcerazione inverosimile di Julian Assange per aver difeso la libertà di informazione e sul rischio che finisca nelle mani di un sistema oscuro e privo di scrupoli come quello americano, date un’occhiata alla pagina specifica su Amnesty International.
https://www.amnesty.it/appelli/annullare-le-accuse-contro-julian-assange/

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