
Si leggono spesso, in questi giorni, articoli che parlano di neoimperialismo russo e della rinnovata “grandeur” che Vladimir Putin vorrebbe veder riconosciuta al suo Paese. Vi sono indubbiamente elementi di verità in tutto questo. Basta conoscere un po’ di storia per capire che si tratta di elementi che fanno parte del Dna di quella nazione».
La Russia, chiunque la governi, non può rassegnarsi a recedere sullo sfondo. A diventare, cioè, un Paese “normale”, più o meno alla pari con quelli (ma molto più piccoli) che affollano il continente europeo.
C’è, nella storia russa, la costante tendenza a costruire un impero, che affonda le sue radici addirittura nell’epoca bizantina e che considera Mosca quale legittima erede di Costantinopoli.
Tale tendenza si manifestò con grande vigore già in epoca medievale (intendo il Medio Evo russo, ovviamente), quando all’incirca nell’800 dopo Cristo sorse la potenza della Rus’ di Kiev, anche grazie all’apporto dei Variaghi (o Vichinghi) scandinavi. E’ questo il nucleo originale della Russia che comprende anche l’Ucraina, la Bielorussia e la Polonia orientale.
E tale lo hanno sempre considerato i governanti di Mosca. Prima in epoca zarista quando, con un’enorme cavalcata che rammenta sotto molti aspetti la conquista americana del West, i cosacchi occuparono tratti enormi dell’Asia orientale inclusa la Siberia.
Giunsero, i russi, fino all’Oceano Pacifico dove fondarono il porto di Vladivostok, che i cinesi però chiamano Haishenwai. E il Paese del Dragone ha sempre patito l’umiliazione dell’espansione asiatica russa, percepita come illegittima e innaturale. Nel 1969 si giunse addirittura a gravi scontri armati tra i due Paesi – pur entrambi comunisti – sul fiume Ussuri, ai tempi di Mao Zedong.
Ora Repubblica Popolare Cinese e Federazione Russa sono, almeno nominalmente, vicine e schierate sul fronte anti-occidentale, anche se si sa benissimo che, in realtà, il fuoco cova sotto le ceneri e che l’attuale amicizia potrebbe trasformarsi in una rinnovata ostilità in men che non si dica.
Ecco dunque il primo motivo che dovrebbe spingerci, assieme agli altri europei, a mantenere i buoni rapporti con Mosca. La Cina, vista la sua attuale potenza economica e commerciale, rappresenta un avversario più insidioso e in grado di condizionarci in modo ben maggiore.
Non ci giova, quindi, rafforzare l’asse Pechino-Mosca. Ci interessa, anzi, disarticolarlo per quanto possibile. E la scelta filo-russa è giustificata anche dalla maggiore vicinanza culturale con i russi rispetto ai cinesi.
Tutto questo, anche se tale considerazione presta il fianco a critiche, indipendentemente dagli atteggiamenti dell’Unione Europea e della Nato. La prima ha una politica estera ondivaga ed è davvero difficile prenderla quale punto di riferimento. Della seconda non si capiscono più bene le strategie e gli scopi. Prima con Trump e poi con Biden gli americani hanno fatto capire di essere più interessati al Pacifico. Difficile comprendere, quindi, la costante tendenza Nato ad avvicinarsi alla sfera d’interesse russa. Il motivo sembra essere la nostalgia per la Guerra Fredda di alcuni suoi esponenti.
Il secondo motivo, anch’esso assai importante, è la sovrabbondanza delle scorte energetiche della Federazione. A un Paese come il nostro, che ne è invece carente, converrebbe poter contare su rifornimenti sicuri in cambio di rassicurazioni sulla non ostilità ai principi cardine della politica estera di Mosca.
Il terzo motivo è il ruolo fondamentale che la Federazione riveste nel combattere il fondamentalismo islamico (fatto che dovrebbe interessarci, eccome!), e la capacità stabilizzatrice che ha dimostrato di avere in numerosi teatri che molto importanti anche per l’Italia.
E’ sufficiente tutto ciò a consigliare il mantenimento di buoni rapporti con Putin e il Cremlino? A chi scrive pare proprio di sì, anche se non tutti saranno d’accordo. Certo la Russia non è una democrazia liberale come noi la intendiamo, né lo è mai stata. Un sano realismo politico dovrebbe però indurci a coltivare e rafforzare i rapporti di cui sopra visti i loro innegabili vantaggi.