
La cronaca politica londinese sfiora sovente l’informazione nazionale popolare da tabloid, e non solo per colpa dei giornalisti. “Portatevi l’alcol da casa” è l’ultima frase appiccicata sul cosiddetto partygate, lo scandalo delle feste a Downing Street durante il lockdown che da settimane sta tormentando il premier, Boris Johnson. «Il quale avrebbe potuto chiudere la faccenda fin da subito, ammettendo il fatto che queste feste ci fossero state e scusandosi anche, ché il resto del paese poteva vedersi al massimo due persone per volta, stando pure a distanza di sicurezza», scrive Paola Peduzzi sul Foglio. «Poteva chiuderla subito, una leggerezza in più o in meno, a questo governo così abituato a camminare lungo i bordi, sarebbe forse stata perdonata, e invece no: ha negato».
Il conteggio delle bugie del premier è cominciato, e per ora solo su questo ultimo scandalo di palazzo. Secondo il Guardian sarebbero sette le volte in cui Johnson ha cercato di sviare le domande sulle feste a palazzo o in cui ha detto di non saperne nulla o di non aver partecipato o di essere stato da un’altra parte. «E mentre è sotto accusa, molti iniziano a chiedere: quanto costa una bugia tanto evitabile? E se il premier mente su queste cose, che ne è della credibilità delle misure sanitarie prese dal governo?».
La mail con l’invito alla festa clandestina – ‘Bring your own booze’ portatevi da bere, esortava l’invito alla distensiva festicciola – è stata resa pubblica ieri dall’emittente televisiva Itv, mentre alcuni testimoni hanno confermato alla Bbc che il Premier e l’allora di lui ancora fidanzata Carrie Symonds vi avrebbero pure preso parte. «Dove l’aspetto del portarsi da bere per non mischiare i bicchieri a un consesso proibito è allo stesso tempo osservanza e violazione delle norme di distanziamento sociale imposte al resto del paese durante il primo lockdown, oltre che perfetto esempio del bispensiero che alberga nelle menti di Johnson & Co», sottolinea Leonardo Clausi sul manifesto.
Tutto il regno, quello politico in particolare in attesa della verità dall’inchiesta affidata a Sue Gray, che dovrebbe ascoltare a momenti la testimonianza di Johnson. Problema, che la stessa Gray è subentrata al precedente incaricato, Simon Case, nel cui ufficio si era, ohibò, tenuto un altro rinfresco che lo aveva indotto a farsi da parte per non dover investigare se stesso. «Ostaggio della sua matrioska di fandonie, “Boris” è sempre più un leader seriamente in odore della sfiducia anche dei fedelissimi della più svitata destra Tory». E persino il leader dei conservatori scozzesi, Douglas Ross, sostiene che il Primo ministro dovrebbe fare un passo indietro.
Partygate ultimo scandalo di una serie, sottolinea Luigi Ippolito sul Corriere della Sera. «Dal tentativo di proteggere un deputato conservatore accusato di lobbysmo illecito alle rivelazioni sulla ristrutturazione dell’appartamento privato di Downing Street, pagata da un donatore del partito. La sensazione è quella di un establishment che pratica un doppio standard: una regola vale per il popolo, un’altra per i potenti. Ma quando in gioco ci sono le vite delle persone, come durante l’emergenza Covid, più che una scivolata di gusto è un comportamento agghiacciante».
La popolarità di Johnson è a picco e i laburisti hanno ampiamente scavalcato i conservatori nei sondaggi. «Le reazioni nel partito di fronte a queste ultime rivelazioni sono furibonde e si fa strada l’opinione che il governo Johnson sia ormai senza direzione, in grado solo di caracollare da una figuraccia all’altra». Ed è già corsa per la successione a Boris. Due principali sfidanti sono il cancelliere dello Scacchiere, Rishi Sunak, e la ministra degli Esteri, Liz Truss.
La relazione dei conservatori con Johnson è sempre stata pragmatica: lui è stato scelto come leader solo perché in grado di vincere le elezioni. Nel clima attuale, l’appuntamento decisivo diventano le amministrative di maggio: se i Tories andranno male, come si teme, con tutta probabilità Boris verrà accompagnato alla porta.
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