Vertice sicurezza in Europa ma in Medio Oriente vecchie guerre covano

Da oggi a Ginevra vertice Usa Russia sulla sicurezza in Europa, timori di una nuova Yalta tra grandi potenze con l’Unione europea neppure invitata, poi, a raffica, il Consiglio Nato-Russia a Bruxelles e il vertice Osce a Vienna. Tre giorni politico diplomatici a disegnare il futuro di un pezzo di mondo, mentre, non troppo lontano, qualcuno sta decidendo tra diplomazia e missili.
Israele-Iran sul nucleare mentre la questione palestinese accantonata, continua a marcire, in attesa di una scintilla. Il Mossad per l’attacco preventivo in Iran, ma c’è ancora chi predilige la via diplomatica.

Caos politico planetario

In quello che è ormai diventato il pianeta delle incertezze, l’evoluzione delle crisi internazionali è sempre più imprevedibile. Logico, quindi, che di fronte a sfide complicate e mutevoli, le possibili risposte possano essere difficili da elaborare. E soprattutto da condividere. La riflessione cade a pennello per far capire quello che sta succedendo, in questo momento, in Israele.

Stato ebraico, Palestina, Iran

Paradossalmente, l’emergenza palestinese non rappresenta più il pericolo numero uno. Resta, certo, il problema “storico” dello Stato ebraico. Ma che in un certo senso, si è cronicizzato e, come tale, viene affrontato. Bisogna conviverci e Israele si è adattato, in tutta e per tutto, a questa esigenza. Nel bene e nel male. No, quello che toglie il sonno ai governi israeliani degli ultimi quattro lustri è l’azzardo nucleare iraniano.

Sempre il nucleare iraniano

Parliamo di azzardo perché, a scomporre e ricomporre tutte le tessere del mosaico, si intuisce subito che ci troviamo di fronte a una vera e propria partita di “risiko”. A Vienna gli ayatollah camminano sulla corda della trattativa, con la perizia di in funambolo. Un passo avanti e uno indietro, lasciano intendere di non essere più intransigenti come qualche settimana fa. Il loro negoziatore, Bagheri Kani, ha fatto capire che anche sulle sanzioni economiche si può trovare un compromesso soddisfacente per tutti. Vogliono guadagnare tempo? Forse. Ma intanto stanno spaccando il fronte degli strateghi avversari.

Tra fazioni israeliane

Secondo gli analisti, dentro il governo di Gerusalemme si sarebbero create tre fazioni, ognuna portatrice di una diversa linea di condotta.

  • Il primo gruppo farebbe capo al direttore del servizio segreto militare (Aman), Aharon Haliva, favorevole al raggiungere 1 intesa temporanea, affilare le armi ed essere pronti a intervenire. Senza però passare, agli occhi della comunità internazionale, per guerrafondai a tutti i costi.
  • Radicalmente diverso il punto di vista il Capo di Stato maggiore delle forze armate, Aviv Kohavi, e del direttore del Mossad, David Barnea. A loro parere bisognerebbe attaccare prima possibile, perché è chiaro che l’Iran non ha alcuna intenzione di arrivare a un accordo e anzi fa di tutto per allungare il brodo.
  • La terza posizione è quella del Ministro degli Esteri, Yair Lapid, che pur non sposando la tesi dell’intervento, pensa che sia anche un errore temporeggiare troppo a lungo.

Silenzi utili in casa americana

Colpisce, invece, il silenzio del Ministro della Difesa, Benny Gantz, attento a non esporsi troppo e, soprattutto, a non inimicarsi gli americani. Fondamentalmente, l’ostacolo principale sembra proprio questo. Nell’anno delle elezioni di Medio termine, Joe Biden non gradirebbe molto essere coinvolto, direttamente o indirettamente, in un conflitto nel Golfo Persico. È chiaro che, a questo punto, nella complessa architettura diplomatica che si va costruendo intorno alla crisi, entrano in campo, a Gerusalemme, anche (e soprattutto) grandi manovre di politica interna.

Partita politica interna israeliana

Gantz sta cercando di diventare l’ago della bilancia all’interno del governo israeliano, sempre più in allarme per le mosse degli iraniani. Recentemente, ha visto il leader palestinese Abu Mazen, e sta cercando di coprirsi le spalle in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, per dedicarsi soprattutto al controllo del Golan e dell’Alta Galilea. Secondo molti osservatori, aspira a diventare premier. Per questo ha assoluto bisogno di almeno due cose: un imprimatur di Biden e, sembra inutile dirlo, di evitare qualsiasi forma di conflitto con Teheran.

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