Una guerra nucleare non avrebbe nessun vincitore, riconoscono le 5 superpotenze atomiche

Una dichiarazione a sorpresa delle cinque grandi potenze con arsenali atomici spezzano il clima di guerra fredda che segna i rapporti di Stati Uniti e alleati occidentali con Cina e Russia. Washington, Parigi, Londra, Mosca e Pechino, ad «evitare una guerra tra Paesi con armi nucleari e la riduzione di rischi strategici». Peccato che restano fuori da ogni accordo o semplice buon proposito, potenze nucleari più ‘instabili’ o sotto presunta minaccia militare: dalla Corea del Nord, all’India, il Pakistan, e Israele.

Solo le ‘grandi potenze’ ma altre minacce restano

La presa di posizione all’inizio del nuovo anno a «Scongiurare almeno lo spettro di un conflitto finale, di nuove sfrenate corse al riarmo e apocalissi atomiche», scrive da New York Marco Valsania sul Sole24ore. Peccato che tra i firmatari di tanto appello, – Washington, Parigi, Londra, Mosca e Pechino-, manchino gli altri quattro Stati nucleari coinvolti in forti tensioni con un potenziale uso delle forza militare assoluta.

Non proliferazione ma solo un po’

Comunque sia, le cinque maggiori potenze con armi atomiche, si schierano per la non proliferazione. Anche a favore della riduzione dei costi, con guerra Covid in corso e costi economici oltre che umani esorbitanti per tutti. Ovviamente, ognuno di loro, diffidando degli altri ‘non alleati’. Washington è allarmata da quella che considera l’aggressività militare della Cina verso Taiwan e nel Pacifico. E Stati Uniti e Nato al centro di unteso confronto con la Russia sulla crisi in Ucraina.

Washington Mosca

Con Washington e Mosca che controllano i maggiori arsenali atomici, l’amministrazione democratica di Biden è sotto pressione per inediti passi verso il disarmo. Il recente appello firmato da quasi 700 scienziati, compresi 21 premi Nobel, che invoca anche azioni unilaterali. La riduzione di un terzo delle armi atomiche americane e a impegnarsi formalmente a non usarle per prima in caso di conflitto. Ma su questa parte neppure la Casa Bianca può credibilmente garantire.

Comando e controllo

L’appello chiede anche che l’autorità a fare ricorso all’uso di bombe atomiche non sia unicamente del presidente quale comandante in capo, introducendo meccanismi di “salvaguardia” contro possibili futuri leader che si rivelino irresponsabili. «Il dibattito sul potere di simili decisioni si era intensificato durante la presidenza di Donald Trump», sottolinea utilmente Valsania.

Noi richiamiamo il nostro pezzo di ieri, «Politica americana incrinata, Trump e dittatura di destra», allarme dal Canada (https://www.remocontro.it/2022/01/04/politica-americana-incrinata-trump-e-dittatura-di-destra-allarme-dal-canada/ )

Dobbiamo davvero crederci?

In una fase di forte tensione tra Occidente e Russia e tra Stati Uniti e Cina, il documento è atto molto significativo, ma ‘tra il dire e il fare…’’. Tutte e cinque le nazioni firmatarie sono impegnate nello sviluppo di missili ipersonici in grado di bucare le difese avversarie, riducendo il tempo di reazione militare e di misure contenitive dei danni. «Le forze armate americane hanno fallito di recente anche il terzo test dei missili ipersonici Agm-183a. Forse anche per questo Washington, Londra e Parigi sono state liete di sottoscrivere la dichiarazione fortemente voluta da Mosca alla vigilia dei tre vertici sulla parità strategica: Usa-Russia (10 gennaio), Nato-Russia (12 gennaio), Osce-Russia (13 gennaio)», segnala Mirko Mussetti su InsideOver.

Ma se la Nato spinge a Est, atomiche in Bielorussia

Mosca alla ricerca di un reale equilibrio strategico. A febbraio in Bielorussia, referendum di riforma costituzionale compresa la rinuncia allo status di paese denuclearizzato. Questo permetterebbe al Cremlino di dispiegare in Bielorussia, a ridosso dei confini della Nato, proprio quei missili sia tattici sia strategici che, stando alla dichiarazione, si vorrebbero smantellati in un futuro ideale. Segnale ben preciso ad alcune spinte Nato e Usa verso Est, ora anche in Finlandia oltre l’Ucraina.

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