
«Un rumore così assordante di pentole – il cosiddetto ‘panelaço’ – si era sentito poche volte in Brasile», aveva segnalato prima Claudia Fanti, sul manifesto. A provocarlo, il pronunciamento di fine anno di Bolsonaro: una nuova occasione per scagliarsi contro l’adozione del passaporto vaccinale e di ‘qualunque restrizione nei confronti dei no vax’ e contro la decisione di autorizzare la vaccinazione con Pfizer dei bambini tra 5 e 11 anni (i nuovi bersagli del virus mutante), adottata dall’Agenzia nazionale di sorveglianza sanitaria.
«Non posso interferire, ma vogliamo divulgare i nomi delle persone che hanno approvato i vaccini per i bambini», aveva tuonato il presidente dopo l’approvazione della misura. «Metodo apertamente fascista» avevano denunciato medici e scienziati dell’Agenzia. «Minaccia di particolarmente allarmante in vista di una prevedibile nuova ondata di Covid nel paese». Tanto che il giudice della Corte suprema Ricardo Lewandowski aveva inviato alla Procura generale della Repubblica una richiesta di indagine nei confronti del presidente per minacce.
E mentre la Corte suprema accentua le sue pressioni sul procuratore generale Augusto Aras, alleato di ferro del presidente, perché si decida a dar seguito alle indagini sui tanti reati di cui Bolsonaro è accusato, la possibilità che il presidente perda le elezioni si fa sempre più reale, a prescindere dalla vaccinazione dei bambini. Gli ultimi sondaggi lo accreditano di una percentuale tra il 21 e il 30% contro il 40-48% attribuito a Lula.
ll presidente si era pure permesso di rifiutare gli aiuti umanitari offerti dall’Argentina per far fronte alle profonde conseguenze delle inondazioni.