Tasinanta ora e sempre, amico mio

Tasinanta, che non vuol dire niente e vuol dire tutto

Due anni fa, dopo un camminare tra mare e vigne nella Sardegna magica del Sulcis, scrissi un testo intitolato: “Atlante della sapienza rurale: della vite e dell’orizzonte” (questo il link per chi vuole leggerlo per intero: https://www.remocontro.it/2019/01/13/atlante-della-sapienza-rurale-della-vite-e-dellorizzonte/ )

Anche adesso, mentre scrivo, sono in Sardegna. Non sento il profumo del mare di Porto Pino, non vedo le dune e neanche percorro la lingua di terra di Porto Botte guardando lontano le vigne che si affacciano sulla meraviglia. Sento i motorini e le voci festanti della città, di Cagliari. Ma porto nel cuore il piccolo-grande uomo al quale dedicai quel testo sulla sapienza rurale, sulle mani che conoscono, sul cuore che riconosce e lo sguardo che vede distante dettagli che, disabituati da chat e strade trafficate, non vediamo neanche da vicino se ce li indicano.

Claudio. Contadino, vignaiolo, da sempre con le mani nella terra e con le dita delicate a carezzare i grappoli, a cogliere fiori, eroe di un mondo di sapienza e rispetto, di onore e rude gentilezza, ci ha lasciato. Si è spento l’ultimo giorno di un anno difficile. Portando con sé i suoi sogni e i suoi silenzi. Lasciandoci il ricordo della sua sovversione tenace, delle sue regole da mondo antico, delle strette di mani per siglare un contratto, dove il rispetto della parola aveva un senso. Un mondo che lentamente è caduto a pezzi davanti ai suoi occhi, lasciandolo sbigottito di fronte all’incedere tronfio di avventurieri cinici senza sentimenti, di profittatori ottusi alimentati da un’ignoranza assoluta, infarcita da indottrinamenti mediatici.

Non se ne faceva una ragione. Camminando nelle vigne raccontava della sua vita e delle sue storie in sardo. Io lo capivo poco, ma lo capivo. E soprattutto capivo che quando aveva a cuore un concetto, e voleva esprimerlo con precisione, usava la sua lingua madre, la lingua delle sfumature, della profondità del pensiero e della memoria che alimenta il futuro. Per tutto il resto poteva bastare l’italiano.

E poi mi ha insegnato la parola tasinanta. Lo ascoltavo e ogni tanto affiorava tasinanta a definire meglio le sue idee. Poesia del linguaggio: ci ho messo un po’ per capire che tasinanta vuol dire un sacco di cose diverse, a seconda del contesto. Cioè non vuol dire niente e vuol dire tutto.

E quindi, Claudio, tasinanta oggi è tasinanta per sempre. Nella memoria e nel cuore.

Tags: Polemos
Condividi:
Altri Articoli
Remocontro