
Resoconti avari, dicevamo. I due Capi di Stato al telefono e la diplomazia all’ascolto che decide cosa farci sapere. Resoconto Rai, anche in stretta da sciopero. Cinquanta minuti di telefonata, ‘sulla questione Ucraina’, dice la Casa Bianca. E sempre l’Ucraina dal 10 gennaio al centro di negoziati bilaterali Usa-Russia, seguiti dal consiglio Nato-Russia e dalla riunione Osce. Nel frattempo Mosca ha pubblicato una lista di richieste a Nato e Usa per ottenere quelle che reputa le necessarie garanzie alla sua sicurezza, a cominciare dalla limitazione del ruolo dell’Alleanza Atlantica in tutto lo spazio ex sovietico.
Dunque, l’argomento è stato l’Ucraina, «il più grande boccone di quella che era l’Europa sovietica, teatro di un conflitto tra i centomila soldati russi che l’intelligence dell’Occidente dice schierati giusto oltre il confine, e le millanta basi e missili che da ogni angolo d’Europa marciano inesorabilmente verso est» (Zanini). «La Russia ha messo le sue preoccupazioni sul tavolo e siamo pronti a discuterle, ci aspettiamo che anche Mosca sia preparata a discutere le nostre e quelle dei nostri alleati, sulla base della reciprocità», ha spiegato un alto dirigente della Casa Bianca e riferisce RaiNews24.
E l’interpretazione della chiamata, con tutte le incertezze del caso, è un’altra espressione da guerra fredda: il disgelo. Da settimane, russi e americani coinvolti in una escalation di messaggi spesso molto minacciosi. Un senatore americano chiede che il suo Paese non escluda un «attacco nucleare di primo uso». Insomma, colpire per primi, cancellando Mosca dalla faccia della terra. Mentre un ministro russo sostiene che «se l’Ucraina entra nella Nato sarà guerra». Sul fronte Nato (ironia Zanini), «il bellicoso leader della Nato Stoltenberg raduna i vecchi amici dicendo che solo i paesi della Nato decidono chi entrerà nella Nato», costringendo il solitamente moderato ministro degli esteri Lavrov alla ripicca, sottolineando la ritrovata amicizia con la Cina, pronta la Russia a sostenerla sul nervo scoperto americano di Taiwan.
La chiamata di ieri chiesta da Putin ma con Biden pronto a rispondere, ha alle spalle un intenso lavoro preparatorio. Il segretario di stato Usa impegnato in consultazioni con Gran Bretagna, Francia e Germania. Putin ieri ha invece invitato Draghi a Mosca, complimentandosi con «l’efficace presidenza italiana del G20». Scadenza ineludibile e possibilmente decisiva, un incontro Usa-Russia il 10 gennaio a Ginevra, con i vice di Blinken e Lavrov a rappresentare i presidenti mandanti. Non meno importante il seguito in sede Osce, Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, e addirittura un incontro Russia-Nato.
Molta strada sembra stata fatta dal marzo scorso quando Biden, presidente da tre mesi, disse il tv che Putin era ‘un killer’, «quasi una riedizione di quell’«impero del male» con cui Reagan bollò l’Urss di Andropov e mandò a catafascio anni di distensione», con una successiva mostruosa corsa agli armamenti.
A metà dicembre, Putin ha recapitato a Biden il pacchetto di richieste russe, centrale che l’Ucraina non entrerà nella Nato, ennesimo missile atlantico puntato sulla Russia (come hanno già fatto Polonia, Romania, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Bulgaria, Lettonia, Lituania e Slovacchia). Geografia facile: oltre l’Ucraina, manca solo la Bielorussia del despota Lukashenko e poi la Nato sarà direttamente sui confini russi, annota ancora Roberto Zanini, con considerazione finale
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