
I decreti Bersani (2001) e Marzano (2004) definiscono la tabella di marcia: «entro il 2014 Sogin deve mettere in sicurezza i rifiuti nucleari di tutti gli impianti, inclusi quelli dell’ex-Enea, ed entro il 2019 smantellare le centrali». La politica dispone e Sogin che ne è figlia, se ne impippa. Direttori generali inadempienti cacciati quanti? Nessuno ovviamente, salvo un po’ di faide interne, perché tra gli ‘smantellatori’ si nascondono ‘nuclearisti irriducibili’.
Né l’uno, né l’altro, o se preferite, un po’ (poco) di questo, e ancora memo dell’altro. I materiali ottenuti dagli smantellamenti vanno custoditi in depositi speciali e provvisori, prima di finire sotterrati in un unico deposito nazionale« che, nel frattempo, sarà individuato e che Sogin costruirà e gestirà (lasciando le aree completamente decontaminate)». Milena Gabanelli è una signora e lo stile Corriere vieta di parlare di presa per il sedere (e anche noi ci moderiamo).
«I costi previsti per l’intera operazione ammontano a 3,7 miliardi di euro, caricati sulla bolletta elettrica secondo un ‘sistema regolatorio’ fissato dall’autorità per l’Energia (Arera) nella voce ‘oneri di sistema’». Più o meno come i costi previsti per la Salerno-Reggio.
Priorità assoluta la messa in sicurezza dei rifiuti liquidi a Saluggia e la messa a secco del combustibile di Rotondella. Nel 2012 Sogin affida a Saipem la cementificazione dei rifiuti radioattivi. Progetto «Cemex» con operazioni da ‘remoto’, dato l’alto livello di radioattività dei liquidi da trattare. Saipem consegna il progetto nel 2013. Sogin lo approva nel 2015, ma poi non sa gestirlo. Dopo un ultimatum di Saipem, Sogin risolve il contratto per «manifesta incapacità». Incapacità di chi?
Nell’impianto di Saluggia ci sono 270 mila litri di rifiuti radioattivi liquidi e acidi, stoccati in serbatoi di acciaio costruiti negli anni ’60. Sullo stato di conservazione non è dato sapere, perché inaccessibili a causa dell’alta radioattività. Nel ‘77 la licenza di esercizio rilasciata ai gestori dell’impianto aveva questa prescrizione: i rifiuti liquidi vanno solidificati entro 5 anni. Ne sono passati 40 e sono ancora lì. Caso unico al mondo
Passano 3 anni e a luglio 2020, altra gara. A settembre offerta di un consorzio a quattro. Tutte aziende medio piccole, senza alcuna esperienza nucleare né di grandi impianti. A maggio 2021 incassano un anticipo di 30 milioni. A oggi sono state istallate la gru e le baracche di cantiere. Su 6,9 milioni di euro di attività programmate per il 2021 al 30 novembre ne erano state eseguite per 400 mila euro.
Il 9 gennaio scorso vengono rese pubbliche le 12 aree fra la provincia di Alessandra (dove oggi sono stoccati i rifiuti più pericolosi di cui abbiamo detto), di Torino e Viterbo ritenute geologicamente e sismicamente idonee. Obbligo di consultazione pubblica e accordo sull’indennizzo. Se mai accadrà, la costruzione durerà quattro anni e costerà 900 milioni. Confronti con le popolazioni neppure iniziati. Nel frattempo, i rifiuti mandati in Inghilterra e in Francia ci costano 50 milioni l’anno per tenerli stoccati fuori.
Il costo previsto per risolvere tutto entro il 2019 era di 3,7 miliardi. Alla fine del 2020 Sogin è già costata 4 miliardi di euro, di cui 2,2 miliardi per pagare gli stipendi del personale (lievitato da 650 a 1.100 e oltre trenta dirigenti). Lavori eseguiti in 20 anni: circa il 30%. Il condizionamento dei più pericolosi rifiuti radioattivi mai iniziato, e lo smantellamento delle «isole nucleari» (Trino, Caorso, Latina, Garigliano) ancora in fase di ‘progetto’. ‘Più altre vergogne e trucchi sul volume di lavori per ‘premi di produzione’.
L’Autorità per l’Energia ha sempre pagato a piè di lista, senza mai applicare le penalità previste quando non si raggiungono gli obiettivi. Non ha mai vigilato l’azionista cioè il Mef, né il ministero dello Sviluppo Economico, né il ministero dell’Ambiente.
Il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani: «l’unica soluzione è un commissariamento su modello Ponte Morandi, perché è un problema di ordine nazionale». Il Mef prende tempo. Ma un altro rinvio ci espone a rischi di dimensioni spaventose. Solo a Saluggia, ripetiamo, è stoccata il 75% di tutta la radioattività presente sul territorio nazionale. E la messa in sicurezza è stata assegnata a un gruppo di imprese di manutenzione e pulizie!
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