Come ha scritto l’Associated Press, in questo decennio «Kim ha presentato molti volti a un mondo avido di informazioni su di lui». «Ma due sono i dati rimasti inalterati sotto la maschera cangiante del dittatore», annota Luca Miele su Avvenire. «La spietatezza della sua leadership, innanzitutto». A dispetto della sua giovane età e della formazione ricevuta nel collegio in Svizzera, Kim non ha esitato a fare fuori tutti i suoi più temibili avversari interni come potete approfondire nel pezzo succressivo.
Nei primi cinque anni di potere, il leader nordcoreano avrebbe eliminato o epurato 340 persone, arrivando in questo modo a consolidare la sua posizione così come avevano fatto suo padre Kim Jong-il, morto il 17 dicembre 2011, e suo nonno e fondatore dello Stato, Kim Il Sung. Quasi a sottolineare la longevità della dinastia dei Kim, proprio in questi giorni è morto Kim Yong Ju, fratello del «grande leader e presidente eterno Kim Il Sung», scomparso a 101 anni.
L’arma nucleare assieme minaccia e difesa del potere di Kim. Con un arsenale che, secondo alcune stime, avrebbe ben 60 bombe atomiche, e missili abbastanza potenti da minacciare molti attorno a casa sua. Minaccia nucleare che, secondo gli analisti internazionali, Kim gioca su due tavoli: all’interno, tacitando ogni possibile dissenso, e a livello internazionale, acquistando peso sul tavolo negoziale. Nel 2017 lo stesso Kim annunciò di avere missili nucleari in grado di colpire gli Stati Uniti.
«Le armi nucleari sono una bacchetta magica per la Corea del Nord», ha affermato Kim Taewoo, ex capo dell’Istituto coreano per l’unificazione nazionale di Seul. «La Corea del Nord è uno dei Paesi più Poveri del mondo, ma controlla le relazioni con la Corea del Sud perché ha armi nucleari. Se non fosse per le sue bombe nucleari, come potrebbe Pyongyang sedersi a dialogare alla pari con gli Stati Uniti?». E Kim, senza quelle bombe sarebbe ancora al potere, o addirittura sarebbe ancora vivo?
A un certo punto, l’imprevedibile leader nordcoreano ha persino recitato il ruolo del negoziatore benevolo. L’incontro «storico e straordinario» con l’allora presidente Usa Donald Trump. Alla fine, fu più cronaca che storia, e finì con solo una stretta di mano e qualche insulto successivo. Trump che rifiutò di alleggerire le sanzioni contro «rocket man», ma fu poi lui a finire in malo modo la presidenza. Anche con Seul sembrava giunta l’ora della pace, nell’altalena di minacce, sorrisi e bombe atomiche che da dieci anni tengono al potere Kim Jong-un. Cina permettendo
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