
Quasi 60.000 contagi nelle ultime 24 ore, il numero più alto da gennaio. In questo clima da altro Natale di limitazione e di paura, alla Camera dei Comuni inglese, è andato in scena il dibattito sulle nuove misure predisposte dall’ondivago premier Boris Johnson, tornato alla linea del rigore dopo i catastrofici ‘liberi tutti’ sperimentati sino a ieri. Il cosiddetto «Piano B» contro l’evolversi della pandemia che prevede, tra l’altro, l’uso della mascherina nei luoghi chiusi, il green pass obbligatorio per gli eventi pubblici e gli spettacoli e preme il piede sull’acceleratore dei vaccini. Quello che stava già facendo mezza Europa oltre la Manica.
Ma per il primo ministro il voto si è trasformato, «come e più di quanto si prevedesse, in pericolo, e non da poco». Dopo lo scoop del Daily Mirror sul party del Natale scorso a Downing Street, in barba alle restrizioni anti covid allora in vigore per i comuni mortali, e nuove rivelazioni su altri festeggiamenti vietati proprio nella casa del governo, e soprattutto i continui cambi di direzione nella lotta al virus che hanno ormai scavato un solco tra il premier e molti del suo partito», annota la Stampa. Le misure più severe sono state approvate comunque con 369 voti favorevoli e 126 contrari. Ma dal Guardian leggiamo che dei 126 voti contrari, 101 sarebbero proprio dei Tory.
I numeri hanno fatto subito parlare i media britannici di una «rivolta dei Tory, maggiore di quanto previsto». Secondo le previsioni, dovevano essere una settantina i conservatori pronti a votare contro il pacchetto di misure volute da BoJo. Il ‘Piano B’ dell’emergenza Covid, è passato grazie anche ai voti dei laburisti, ma ha scatenato la bufera su «Bojo». Due diversi sondaggi hanno mostrato che più della metà degli intervistati pensa che Johnson dovrebbe dimettersi, mentre un terzo sondaggio ha dato al partito laburista di Keir Starmer un vantaggio di quattro punti. E’ il peggior risultato dell’anno per i conservatori, e il partito inizia a chiedersi se non sia arrivato il momento di pensare a un successore.
Più di 30 anni fa, il 14 novembre 1990, problemi analoghi in casa conservatrice. Una sorta di voto di fiducia in casa, con l’allora premier Margaret Thatcher che doveva ottenere la maggioranza, ma i suoi voti dovevano superare il 15 per cento dei deputati. Sa quella stessa votazione si fossa fatta ieri, quei 101 voto conservatori contro, sarebbero stato l’addio alle ormai troppe disordinate estrosità di Boris. Allora la baronessa Thatcher, dopo un incontro pubblico con la Regina, i leader mondiali tra cui Henry Kissinger e Michail Gorbačëv, e un ultimo discorso ai Comuni, lasciò in numero 10 di Downing Street. Per Boris, quando mai sarà, forse la sorpresa/rimpianto del suo amico Donald Trump.
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