Siamo in piena Teoria dei giochi: cosa pensa veramente l’avversario, al di là di quello che dice? E, non sembri un indovinello da cruciverba, cosa pensa Putin di ciò che sta pensando Biden di lui? Insomma, fino a dove si è disposti a spingersi, giocando una partita di poker (basata sul calcolo) ma, rischiando di trovarsi, invece, davanti a un tavolo di zecchinetto, in cui conta solo la buona (o la cattiva) sorte? Occhio, perché in crisi di questo tipo, bastano una mossa sbagliata o una dichiarazione azzardata per far saltare il banco. E lo sanno tutti, a partire da Biden e Putin. E allora? Guerra sì, ma di parole, minacce allusioni e contro minacce. Ucraina e Russia non si sono mai digerite, nei secoli dei secoli e specie al tempo dell’Unione Sovietica. Troppo lungo spiegare perché. Crollata in una nuvola di calcinacci l’Urss, ognuno ha seguito di la sua strada.
Kiev, ovviamente, ha guardato subito a ovest, cercando un modello sociale ed economico che le garantisse uno sviluppo accelerato, dopo settant’anni di comunismo. L’assicurazione sulla vita? Mettersi, in qualche modo, sotto l’ombrello protettivo dell’Alleanza atlantica. Desiderio vissuto come un vero e proprio sfregio strategico, da parte di Mosca. Per mettere tutti d’accordo, ci si è inventati la formula della “Partnership for peace”: un piede dentro e uno fuori. Non fai formalmente parte della Nato, ma sei, mettiamola così, un “simpatizzante”. Anche perché, l’Ucraina era minoranza nell’Unione Sovietica. Ma oggi, come in un gioco di scatole cinesi, è a sua volta maggioranza di una forte minoranza russa, che vive nell’est del Paese. E questo è un problema aperto.
Visto come è finita con la Crimea, Kiev teme che Putin possa inventarsi qualche altro “blitz”, mettendo il mondo davanti al fatto compiuto. Per questo vorrebbe entrare di gran corsa nella Nato. In questo caso, un’eventuale invasione (art.5) sarebbe un vero e proprio casus belli e costringerebbe tutta l’Alleanza a entrare in una guerra. Contro la Russia. Inutile dire che codesto scenario non solleva grandi entusiasmi. Con tutta la montagna di rogne che il pianeta deve affrontare, tra pandemia, recessione economica, degrado ambientale, carenze energetiche e macro-aree di crisi vecchie e nuove (dal Medio Oriente, al Sud-Est asiatico) nessuno vuole morire per Kiev. Ergo, bisognerà mettersi d’accordo, con un “do ut des”. Funziona così, anche se l’algoritmo dell’imbroglio ucraino è maledettamente complicato.
Proprio l’altro ieri, il Presidente americano è tornato alla sua zigzagante “foreign policy”, ribadendo che sosterrà a tutti i costi la richiesta di adesione alla Nato presentata dall’Ucraina. Evidentemente, quando parla così “Sleepy Joe” pensa più alle elezioni di Medio termine del prossimo anno per il Congresso, che a una vera e saggia strategia di confronto con la Russia di Putin. Con dichiarazioni in libere uscita e con 175 mila soldati russi concentrati ai confini ucraini, Biden non fa altro che gettare taniche di kerosene sul fuoco della crisi. Molto più misurata è stata la Ministra degli Esteri britannica, Liz Truss, la quale ha sostenuto che la Russia dovrà affrontare “gravi conseguenze economiche” se invaderà l’Ucraina. A una precisa domanda della BBC su un possibile appoggio militare inglese, la Truss ha risposto che Londra sosterrà gli ucraini con attività di formazione e aiutandoli a procurarsi il carburante necessario.