
E qualcuno a Washington comincia a chiedersi se aver strappato Kiev a Mosca con ciò regalando Mosca a Pechino sia stato un affare. Mentre al Cremlino ci si è resi conto che stringere troppo il legame con Pechino porterebbe al suicidio.
Nel summit a distanza fra i due presidenti il convitato di pietra era proprio l’omologo cinese. Perché parlare oggi di Ucraina fra russi e americani significa parlare soprattutto di Cina. Mesi di propaganda al massimo volume in Russia contro il rischio esistenziale dello scivolamento dell’Ucraina nella Nato e contro propaganda in America sull’imminente invasione russa per riportare Kiev sotto il proprio controllo hanno prodotto un vertice interlocutorio ma rivelatore.
Biden e Putin hanno insistito, di fatto, sulla diplomazia, «mettendo provvisoria sordina all’isteria bellica che dominava la vigilia». «E negoziatori russi e americani stanno stabilendo i ‘formati’ del nuovo dialogo informale, che mira a congelare il conflitto nel Donbas e a lasciare impregiudicato lo status geopolitico dell’Ucraina.
Né Putin né Biden vogliono la guerra, insiste Caracciolo, «consapevoli che i rispettivi fronti interni non reggerebbero (l’americano meno del russo). Il leader russo conta però sul vantaggio asimmetrico di poter operare un blitz per strappare altri territori a Kiev, già privata della Crimea e con il Donbas fuori controllo». «Americani, britannici e il resto dei paesi Nato – fra cui la Turchia, con i suoi droni che saranno presto prodotti anche in Ucraina – rispondono armando e addestrando le Forze armate locali, che allo stato non sono in grado di sostenere l’impatto con i russi.
La ‘minaccia’ americana di dure sanzioni economiche a un eventuale attacco dell’Armata russa conferma il dopo Afghanistan, con Washington che respinge la prospettiva di morire per qualche spicchio di un remoto Paese ignoto all’americano medio. E qui subentra il fattore Cina, prosegue Caracciolo: «Posto che Russia e America trattano sull’Ucraina, i cinesi hanno ragione di sospettare che il negoziato possa sfociare nell’allentamento della loro presa su Mosca».
Il viaggio di Putin a Delhi alla vigilia del vertice con Biden per firmare un accordo di aiuti militari e tecnologici all’India, arcinemico di Pechino, ‘supporta le interpretazioni dei maliziosi’. «Oltre a confermare che l’India – come gli altri partner asiatici che Washington considera vitali per il contenimento della Cina – gioca su diversi tavoli contemporaneamente».
«Considerate le condizioni strutturali di partenza, con la Russia costretta sull’estrema difensiva perché l’Ucraina nell’impero europeo dell’America – Nato o non Nato – sarebbe pericolo esistenziale, osserviamo che questo round è stato vinto da Putin. Ai punti. Perché ha acquistato spazio e tempo di manovra sulle due scale, quella regionale e quella globale.
«Basta davvero poco (l’allargamento dello scontro nel Donbas, un incidente navale nel Mar Nero, un contro-colpo di mano russo a Kiev), per incendiare di nuovo l’intera Ucraina, epicentro di due guerre mondiali.