
I politici sono propensi, per ovvie ragioni, a dipingere trend positivi. Forse poco realistici. Gli analisti sono più cauti, perché il sistema economico globale è ormai dominato da “dinamiche non lineari”. Ma non bastano certo solo le professioni di ottimismo ad alimentare la fiducia degli investitori. Ne sanno qualcosa le grandi aziende, specie quelle multinazionali, che si trovano quotidianamente a dover lottare con una congiuntura sfavorevole, fatta di carenza di materie prime, semilavorati ad alto valore aggiunto e di un’impennata nel costo dell’energia.
E, se la lingua batte dove il dente duole, è necessario tornare a parlare dei “mitici” microchip e della botta mortale che la loro (quasi), improvvisa penuria sta infliggendo alle catene di montaggio automobilistiche di mezzo mondo. Questa volta, ad aprire i “cahier de doléances”, del settore più colpito dalla crisi, è il gran capo della Nissan, Makoto Uchida, una delle aziende più prestigiose del Giappone. Paese, aggiungiamo noi, che finora è rimasto impantanato nella recessione economica, causata, almeno parzialmente, da coronavirus.
Uchida, in un’intervista alla BBC, ha detto che la variante “Omicron” complica le cose, perché aggiunge incertezza a un settore che già vive una situazione di forte disagio. Secondo Uchida, i lockdown e i conseguenti provvedimenti riguardanti il lavoro e la didattica a distanza hanno portato a una crescita esponenziale, nella domanda di computer, tablet e laptop. Inoltre, va ricordato che i semiconduttori sono componenti indispensabili nella produzione di beni durevoli, come lavatrici o smartphone. E senza microchip non solo non si costruiscono nuove automobili e camion e ma anche computer, tablet e laptop.