
L’allerta sulle intenzioni della Russia per il massiccio spostamento di truppe vicino al confine con l’Ucraina. Oltre centomila soldati dalla parte loro del confine, ma a ridosso del Donbass, la regione ucraina sotto il controllo dei separatisti sostenuti da Mosca. Gli Stati Uniti si dicono particolarmente allarmati e stanno valutando l’invio in Ucraina di consiglieri militari e nuove attrezzature, armi comprese. «Il pacchetto potrebbe includere sistemi di difesa aerea, lanciamissili anticarro Javelin e missili Stinger, ma anche attrezzature originariamente destinate all’Afghanistan come gli elicotteri Mi-17», precisa Giulia Belardelli.
L’Ucraina è interessata a entrare nella Nato, lo aveva detto chiaramente e gli sponsor Usa lo avevano apertamente lasciato intendere, ma la parte europea dell’Alleanza atlantica, per il poco che conta, vuole ben altri progressi interni da parte di Kiev, ad evitare altre micidiali scorciatoie del passato nel passaggio dalla Nato all’Unione europea.
Partita a scacchi compresi trucchi e inganni anche da parte amica nel gioco strategico e spesso sporco, vedi la partita sul gas verso l’Europa attraverso il Nord Stream 2, dove gli amici di sempre a volte possono anche farti pesanti dispetti. Vedi tentate sanzioni Usa. Anche peggio dei sottomarini nucleari all’Australia.
Una interessante cronologia di fatti e di inciampi da allora da parte di Micol Flammini sul Foglio. Un incidente militare nel Mar Nero tra marina britannica e soldati russi; una legge ucraina per negare ai russi che vivono sul suo territorio lo status di comunità indigena; un drone turco è stato utilizzato dall’esercito di Kiev per colpire le forze filorusse nel Donbass.
E sono soltanto tre fra gli avvenimenti più eclatanti, «ma mentre l’intelligence americana guarda con insistenza i confini dell’Ucraina –denuncia la cronista-, c’è poca attenzione per quello che sta già accadendo dentro ai confini».
Nel Donbass dal 2014 le truppe filorusse sostenute da Mosca combattono contro l’esercito più o meno regolare di Kiev. «Una guerra lunga che finora ha causato più di diecimila morti», denuncia Flammini. Ma –accusa chiave-, «il Cremlino ha anche dato il via a una serie di mosse politiche ed economiche che servono ad avvicinare sempre di più la regione alla Russia».
Un processo graduale, nulla di drastico e plateale come l’annessione della Crimea nel 2014, «ma in questi anni Mosca ha creato nei territori del Donbass un gruppo consistente di nuovi cittadini russi, con passaporto russo e che nelle ultime elezioni di settembre, per rinnovare la Duma, hanno votato assieme al resto della popolazione russa».
Le autoproclamate Repubbliche di Donetsk e Lugansk stanno di fatto diventando russe, e l’uomo del Cremlino nell’area, Dmitri Kozak, cita spesso l’esempio dell’Ossezia del sud, quando l’allora presidente georgiano Mikhail Saakhvili tentò una riconquista del territorio e la Russia ci mise una notte a rispondere.
Contro lettura dei fatti. «Gli Usa e altri Paesi Nato – denuncia il Cremlino – hanno iniziato a inviare a Kiev istruttori militari, insieme a sistemi d’arma. Tutto questo crea tensioni», afferma il portavoce Peskov, con azioni provocatorie delle forze di Kiev lungo la ‘linea di contatto’ nel Donbass, che descrive come “i preparativi di Kiev per gestire la crisi da una posizione di forza”.
Ieri il Dipartimento di Stato Usa ha annunciato nuove sanzioni ai danni della società russa Transadria Ltd, per il gasdotto Nord Stream 2, «parte della costante opposizione degli Stati Uniti al gasdotto». Per Mosca, le sanzioni Usa contro il gasdotto Nord Stream 2 sono un esempio lampante di azioni unilaterali da parte dei Paesi occidentali. Lo ha dichiarato oggi il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, nel corso di un forum organizzato dall’Unione russa degli industriali e degli imprenditori, ha ricordato ancora Giulia Belardelli.
La stretta sulle forniture di gas o i migranti al confine tra Bielorussia e Polonia farebbero parte di una mossa coordinata per destabilizzare il continente.