
Sebbene oggi si guardi con notevole scetticismo a possibili cause provenienti dal mondo degli astri, in passato non era affatto così: fu il poeta e astrologo romano Marco Manilio (I secolo d.C.) a riassumere in un poema tutte le influenze degli astri sulla vita umana e sulla natura. Erano le congiunzioni sfavorevoli degli astri a provocare malattie ed altre sciagure come ad esempio le guerre e nello stesso tempo, al contrario, gli astri invece potevano accompagnare benignamente individui al momento della nascita, o anche vittorie e altri successi. Queste convinzioni attraversarono il Medioevo e seppure indebolite continuarono a lungo ad essere considerate spiegazioni quantomeno accettabili. Quindici secoli dopo, a Milano nel 1630, durante la peste narrata da Alessandro Manzoni, un singolare intellettuale del tempo che si chiamava don Ferrante attribuiva alla congiunzione di Saturno con Giove l’origine della peste. Negando così la semplice e pratica teoria dei medici che raccomandavano di evitare soprattutto i contatti, «non prese nessuna precauzione contro la peste; gli si attaccò; andò a letto … » e morì. Don Ferrante è un personaggio frutto della fantasia letteraria, ma il suo stesso autore probabilmente ignorava di aver creato un modello di negazionista che – astri a parte – sembra tuttora vivo e vegeto.
Tucidide, unanimemente considerato il padre della storiografia, cercò di spiegare gli eventi del suo tempo senza ricorrere al soprannaturale, ovvero all’intervento divino per premiare o punire. Descrivendo l’inizio della guerra del Peloponneso, parlò subito dei profughi riparati in città dalle campagne per sfuggire la violenza degli spartani e dei loro alleati. Essi furono collocati provvisoriamente in quartiere della città chiamato Pelargico suscitando vivaci critiche per il fatto che il quartiere era sacro agli dei e non era consentito ad alcuno insediarvisi. Si gridò allora al sacrilegio e si disse che la guerra era la conseguenza dell’ira degli dei, ma i profughi rimasero fino allo scoppio della peste, che ancora una volta fu attribuita al soprannaturale. Tucidide – pur senza attribuire direttamente la peste alle condizioni igieniche di sovraffollamento della città, quartiere compreso – spiegò al contrario che la guerra, evento voluto dagli uomini, era stata la prima causa dell’arrivo dei profughi, dell’occupazione del quartiere e non il contrario. Nella logica dello storico greco i fatti erano la semplice conseguenza di altri fatti. Una connessione tra causa ed effetto che tuttavia ancora oggi è messa in dubbio.
Nella lunga storia delle epidemie non mancarono neppure attribuzioni a fattori politici: la teoria del complotto nato dalla malvagità del nemico è comparsa varie volte nella storia, ma inevitabilmente si è dimostrata sempre falsa. Il pericolo insito in questa situazione si manifestava soprattutto quando, alla ricerca di un capro espiatorio, le accuse erano rivolte a un gruppo specifico ritenuto responsabile delle azioni facendo spuntare la divisione tra ‘buoni e cattivi’ che spesso rischiava di degenere in scontri. In secoli di epidemie i casi sono stati innumerevoli e vale la pena di ricordarne solo due, piccoli e senza seguito, quanto significativi: dopo l’Unità d’Italia, a fronte di un’ennesima epidemia di colera, si accusarono i borbonici di spargere il morbo e durante la Prima Guerra mondiale gli austriaci furono accusati di aver lanciato ‘confetti avvelenati’ da un aeroplano per far ammalare la popolazione civile di un villaggio veneto. Storici, sociologi e psicologi spiegano oggi altri fatti della stessa natura come una forma di auto-difesa, ma l’unica verità è che di fronte a determinate affermazioni è opportuno fermarle e non diffonderle.