I nazionalismi che minacciano la Bosnia Erzegovina. Ancora timori di guerra trent’anni dopo

L’Unione europea ‘strabica’ sul suo “fianco orientale”, verso la Bielorussia e l’Ucraina, non guarda con la dovuta attenzione al “fianco sud”, e più precisamente alla Bosnia Erzegovina, nel cuore del Balcan, ammonisce Pierre Kaski. Una Unione europea dispari, dai forti sconti di entrata per alcuni (Croazia e Slovenia), e ostracismi spesso forzati con il resto dell’ex Jugoslavia che qualcuno non ama, o che al massimo arruola nella Nato

La Bosnia mal nata trent’anni fa dall’implosione della Jugoslavia

In questo stato nato da un parto geopolitico etremamente travagliato, si moltiplicano i segnali d’allarme. Per Pierre Haski, France Inter ripreso da Internazionale, «La Bosnia, minaccia di sprofondare in una nuova crisi e in un crollo totale». Il destino di ognuno degli stati nati dalla guerra in Jugoslavia, con sorti diverse e dispari, ‘Buoni’ non troppo buoni, e ’Cattivi’ con qualche buona ragione quasi sempre disconosciuta.

Lettura di Remocontro

Slovenia e Croazia sono entrate a far parte dell’Unione a forti spinte e con ‘forti sconti’, mentre gli altri cinque stati (aggiungendoci in Kosovo nel frattempo creato) restano per l’Unione una sorta di terra di nessuno, tra instabilità, amicizie interessate e aspirazioni frustrate.

Bosnia Erzegovina piccola Jugoslavia

«In questa complessità storica e umana, la Bosnia Erzegovina riproduce in sé una piccola Jugoslavia, con le componenti serba, croata e musulmana – e ne riproduce le stesse linee di frattura». Dopo gli accordi di Dayton, negoziati nel 1995 sotto la spinta degli Stati Uniti per mettere fine alla guerra più crudele vissuta dall’Europa dopo il 1945, la Bosnia ha mantenuto un equilibrio fragile che oggi è minacciato.

I secessionismi buoni (Kosovo) e quelli sconvenienti

La minaccia è quella del collasso in uno stato basato su due ‘entità’ e tre popoli e religioni. Formalmente parte serba (Republika Srpska), dall’altro la federazione croato-musulmana, a sua volrta divisa al nsuo interno tra la Sarajevo prevalentemente musulmana e l’Erzegovina croata con Mostar sua capitale di fatto.

Il leader serbo bosniaco Milorad Dodik

Nella folle architettura costituzionale inventata per porre fine al massacro, l’insostenibilità operativa del nuovo stato sta via via esplodendo. Con la parte serba a spingere più di tutte, ma non la sola. «A ottobre Dodik ha fatto votare dal parlamento della entità serba alcune leggi che sanciscono una secessione de facto, creando un esercito serbo e ritirando i serbi da diverse istituzioni comuni». Timori di secessione, e non un “divorzio di velluto”, come in Cecoslovacchia.« Tutti i bosniaci sono certi che la violenza sarebbe dietro l’angolo».

L’Europa e i sovranisti rompitutto

Cosa può fare l’Europa? «Prima di tutto può evitare che alcuni stati gettino benzina sul fuoco, come per esempio l’Ungheria di Viktor Orbán o la Slovenia di Janez Janša. I due di recente hanno incontrato e incoraggiato il leader serbo», denuncia Haski. Ma come? Li pigliamo a scapaccioni meritati? Unione impotente perché non può minacciare o promettere premi. L’adesione all’Unione è l’unica prospettiva che potrebbe stabilizzare la regione, ma è impossibile a breve termine.

Ma attenti a Russia, Cina e Turchia

Eppure, sempre Haski, «un’azione dei 27 in Bosnia è assolutamente indispensabile, anche perché Russia, Cina e Turchia sono molto attive in questa zona problematica, e prosperano grazie alla instabilità diffusa». Oltre ad un dovere che in molti in Europa hanno hai confronti della popolazione bosniaca costretta a dividersi per origini nazionali o di fede, lasciata spesso sola se non addirittura tradita in quei terribili quattro anni di guerra.

Trent’anni dopo l’assedio di Sarajevo lasciato a consumarsi per quattro anni feroci, col dovere di impedire una nuova guerra sul suolo europeo non avendo ancora risarcito la nostra impotenza in quella passata.

§§§

AVEVAMO DETTO


Condividi:
Altri Articoli
Remocontro