
Slovenia e Croazia sono entrate a far parte dell’Unione a forti spinte e con ‘forti sconti’, mentre gli altri cinque stati (aggiungendoci in Kosovo nel frattempo creato) restano per l’Unione una sorta di terra di nessuno, tra instabilità, amicizie interessate e aspirazioni frustrate.
«In questa complessità storica e umana, la Bosnia Erzegovina riproduce in sé una piccola Jugoslavia, con le componenti serba, croata e musulmana – e ne riproduce le stesse linee di frattura». Dopo gli accordi di Dayton, negoziati nel 1995 sotto la spinta degli Stati Uniti per mettere fine alla guerra più crudele vissuta dall’Europa dopo il 1945, la Bosnia ha mantenuto un equilibrio fragile che oggi è minacciato.
La minaccia è quella del collasso in uno stato basato su due ‘entità’ e tre popoli e religioni. Formalmente parte serba (Republika Srpska), dall’altro la federazione croato-musulmana, a sua volrta divisa al nsuo interno tra la Sarajevo prevalentemente musulmana e l’Erzegovina croata con Mostar sua capitale di fatto.
Nella folle architettura costituzionale inventata per porre fine al massacro, l’insostenibilità operativa del nuovo stato sta via via esplodendo. Con la parte serba a spingere più di tutte, ma non la sola. «A ottobre Dodik ha fatto votare dal parlamento della entità serba alcune leggi che sanciscono una secessione de facto, creando un esercito serbo e ritirando i serbi da diverse istituzioni comuni». Timori di secessione, e non un “divorzio di velluto”, come in Cecoslovacchia.« Tutti i bosniaci sono certi che la violenza sarebbe dietro l’angolo».
Cosa può fare l’Europa? «Prima di tutto può evitare che alcuni stati gettino benzina sul fuoco, come per esempio l’Ungheria di Viktor Orbán o la Slovenia di Janez Janša. I due di recente hanno incontrato e incoraggiato il leader serbo», denuncia Haski. Ma come? Li pigliamo a scapaccioni meritati? Unione impotente perché non può minacciare o promettere premi. L’adesione all’Unione è l’unica prospettiva che potrebbe stabilizzare la regione, ma è impossibile a breve termine.
Trent’anni dopo l’assedio di Sarajevo lasciato a consumarsi per quattro anni feroci, col dovere di impedire una nuova guerra sul suolo europeo non avendo ancora risarcito la nostra impotenza in quella passata.
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