
Il lockdown per i soli non vaccinati, sperimentato a tappe via via più severe (spinte anche in Italia), si è rivelato difficile da gestire e controllare e di fatto inefficace. Ed ecco che l’Austria dell’ex Giovin Cancelliere Sebastian Kurz che sbruffoneggiava sui contagi altrui, si scopre nel dramma. «Non è solo la pandemia dei non vaccinati», come l’ha definita qualche giorno fa il nuovo cancelliere Alexander Schallenberg, segnala Angela May sul manifesto. Già da settimane medici e scienziati di fronte al numero di contagi ormai troppo alto chiedevano misure più restrittive ed efficaci negate.
Emergenza nazionale e ancora convenienza politiche. La proposta del ministro della sanità Wolfgang Mueckstein, verde, in carica da pochi mesi, di chiudere intanto discoteche e locali notturni ancora lunedì è stata bocciata dai popolari. L’editoriale del settimanale Profil di questa settimana titola «Corona-Bananenrepublik Oesterreich» (Repubblica delle banane corona Austria) e della settimana scorsa «la politica è più pericolosa del virus».
In Alta Austria – la regione con meno vaccinati governata da Oevp (i popolari di Kurz) ed estrema destra della Fpoe – in un ospedale i cadaveri dei morti di Covid, 59 in 5 giorni, sono stati lasciati nel corridoio per mancanza di spazio. Un terzo delle operazioni importanti devono essere rinviate per l’alto numero di pazienti Covid in terapia intensiva, al 70% si tratta di non vaccinati.
«Siamo i migliori contro il Covid» diceva Kurz l’estate scorsa, dichiarando finita la pandemia e di fatto anche la campagna vaccini, contro il parere degli esperti. Ecco perché l’Austria si trova tra gli ultimi per i vaccini, al 65%, e tra i primi per i contagi.
Sulla riduzione della validità del green pass non ci sono più dubbi. Il decreto stabilirà che il green pass non è più valido un anno, ma 9 mesi dall’ultima inoculazione. Anticipata al 22 novembre l’avvio della campagna di richiamo tra i 40 e i 60 anni. Entro il 29 novembre l’Ema dovrebbe dare il via libera al vaccino per i bambini tra i 5 e gli 11 anni.
I tamponi antigenici hanno mostrato un’attendibilità non completa e per questo c’è chi vorrebbe eliminarli come requisito per ottenere il green pass. Rimane il dubbio anche per i molecolari. Dal momento in cui arriva l’esito negativo ci sono infatti 72 ore e molti scienziati ritengono che in questo lasso di tempo ci si possa infettare e dunque essere contagiosi senza accorgersene.
Bar, ristoranti, cinema, teatri e tutti i luoghi al chiuso potrebbero essere inaccessibili per chi non è vaccinato. La convinzione del fronte rigorista è che a subire le restrizioni debbano essere le persone che hanno scelto di non immunizzarsi. Una delle ipotesi potrebbe essere l’eliminazione del tampone per ottenere il green pass.
Il decreto confermerà l’obbligo per il personale sanitario e per i lavoratori delle Rsa di richiamo del vaccino. Il governo sta valutando l’anticipo della terza dose a partire dalla fine del quinto mese e non dal sesto. Su questo dovrebbero però essere compatti i componenti del Cts per superare il parere dell’Ema, che ritiene valido l’intervallo di 6 mesi.