
27 ministri degli esteri Ue a decidere i cattivi bielorussi da colpire. Ne esce un elenco di 166 persone e 15 società, compresi Lukashenko e suo figlio. Quinto pacchetto di misure contro il regime che dall’estate usa centinaia di disperati in fuga da guerre vere, per la guerra privata del despota contro l’Europa. Tra i personaggi colpiti oltre a Lukashenko e suo figlio Viktor, consigliere per la sicurezza nazionale, figure chiave del regime, membri di alto libello del sistema giudiziario e diversi protagonisti dell’economia bielorussa. Allo studio anche sanzioni contro e le compagnie aeree che trasporterebbero i migranti in Bielorussia, a partire da Belavia, la compagnia di bandiera bielorussa che avrà problemi ad atterrare in Europa.
Lukashenko replica con i soliti toni aggressivi. «Ci spaventano con le sanzioni. Ok, vediamo. Pensano che scherzi, che abbia parlato e basta. Niente del genere. Ci difenderemo. Non arretreremo». Provocazione ultima, si è detto pronto a trasportare i migranti in Germania se la Polonia non aprirà un corridoio umanitario, ma anche a rimpatriare i migranti che lo vorranno. «Ma loro sono testardi e non vogliono andarsene» ha spiegato. Il Paese di Lukashenko come la Svizzera del Baltico. Più ragionevole il ministro degli Esteri Vladimir Makei che promette assistenza ai migranti con l’ingresso alle organizzazioni umanitarie dell’Onu. Nel frattempo giovedì prossimo, primo volo organizzato da Baghdad per riportano indietro gli iracheni (ce ne sarebbero 571 divisi in otto campi), che accetteranno di essere rimpatriati.
Difficile trovare una soluzione per i migranti, che continuano a essere ostaggi di Minsk ma anche dell’Ue che si rifiuta di accoglierli. «I confini dell’Ue aperti solo a ingressi legali», ripete Bruxelles, mentre, ancora ieri le forze di sicurezza di Lukashenko spingevano un’altra carovana di uomini, donne e bambini verso il confine con la Polonia, denuncia Carlo Lania sul manifesto
La Lituania, che come la Polonia ha proclamato lo stato d’emergenza e avviato la costruzione di un muro, ha chiesto una No Fly Zone su Minsk per impedire agli aerei con i migranti di atterrare. Inquietudini anche sul fronte ucraino, con telefonate di rassicurazione europea al presidente Volodymir Zelensky. Più diretta la cancelliera tedesca uscente che ha telefonato a Lukashenko. 50 minuti di confronto durante i quali Angela Merkel ha anche affrontato la necessità di aiuti umanitari per i rifugiati e i migranti che si trovano sul posto.
Le sanzioni Ue non bastano però alla Polonia, che chiede fondi europei per la costruzione di un muro al confine. Nel frattempo, fa da se, come la Lituania, e a dicembre avvierà la di 180km di barriera lungo la frontiera con la Bielorussia, costo 353 milioni di euro. Sarà completata per la metà del 2022. Mossa prima di tutto politica del governo nazional populista, a creare scompiglio, oltre i migranti spinti da Lukashenko, in casa europea.
«Ma il muro è la novità assoluta: che venga finanziato da fondi europei o meno, ormai sta per diventare realtà», sottolinea Angela Mauro sull’HuffPost. «L’Unione Europea, che si è estesa a est con l’annessione delle ex Repubbliche sovietiche dopo la caduta del muro di Berlino, ora si blinda proprio con un muro lungo il confine orientale». La decisione è del governo polacco, che, secondo i regolamenti europei, ha competenze sulla gestione delle frontiere come ogni altro Stato membro. «Ma Bruxelles non oppone alcun ragionamento di tipo etico e morale. Per ora riesce solo a fermare la richiesta polacca di fondi europei per il muro, anche se su questo Varsavia ha già incassato il sostegno di altri 11 Stati, e del presidente del Consiglio europeo, il belga Charles Michel».
La Commissione resta contraria e i problemi interni all’Unione, invece che trovare soluzione si moltiplicano.