Oggi è l’ultimo giorno utile, stando al programma, ma potrebbero proseguire anche nel fine settimana. Per cercare di salvare il salvabile. Parla chiaro il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres: «tutte le grandi promesse fatte finora a Glasgow suonano vuote se i governi continuano a mettere miliardi nel fossile». «Decarbonizzare il portafoglio, da subito». Ma troppi Paesi, spesso giganti fragili, come l’India, a le stesse superpotenze economiche Usa e Cina, super ma non troppo, dicono di non poterselo ancora permettere. Forse nel futuro, 2030, o 50, o 70 come promette Pechino. Se prima il clima offeso non travolte la vita conosciuta sino ad oggi sul pianeta.
Ieri, segnala Anna Maria Merlo sul manifesto, «200 climatologi hanno firmato una lettera che rileva che le attività umane hanno già riscaldato la terra di 1,1 gradi e hanno già avuto un impatto irreversibile». Obiettivo minimo ad evitare la catastrofe, limitare il riscaldamento al di sotto di 2 gradi e per proseguire gli sforzi per limitarlo a 1,5. Ma siamo ancora molto, troppo lontani.
Ultimo round di discussioni tecniche, in particolare sulla regolazione del mercato del carbone. ‘Alleanza Boga’ (Beyond Oil and Gas Alliance), che propone di chiudere il rubinetto di petrolio e gas ma non riesce a imporre una data precisa. C’è l’impegno di non dare nuove concessioni o licenze per il gas, con effetto immediato, e di mettere fine alle licenze in corso sugli idrocarburi nei rispettivi territori nazionali, ma sono in pochi a fidarsi di tali promesse. Chi aderisce, ieri la Francia; chi si ‘associa’, vedi la California (ma gli Usa non hanno firmato); e chi come l’Italia si definisce «membro amico».
Gli Stati Uniti che oggi dipendono per i quattro quinti dell’energia dal fossile, hanno promesso di dimezzare entro il 2030 rispetto al 2005 e di arrivare alla neutralità carbone nel 2050. La Cina, dopo la sorpresa del comunicato congiunto con gli Usa e promettere impegno, non fissa termini e non firma scadenze. Contraddizioni nei comportamenti di quasi tutti i maggiori protagonisti di inquinamenti ambientale e climatico. Firmi un pezzo di accordo ma non firmi l’altro, badando alle convenienze politiche nazionali del momento lasciando ad altro l’onere di un incerto futuro.
Secondo Nature, bisognerebbe lasciare sotto terra il 60% delle riserve di petrolio e di gas, oltre al 90% di quelle di carbone. La produzione di gas e petrolio dovrebbe diminuire del 3% l’anno, quella di carbone del 7%, a le previsioni sono di una crescita di almeno il 2% l’anno fino al 2030. Ancora oggi più di 420 miliardi l’anno sono investiti nello sviluppo delle energie fossili.
«Grosse divergenze sul nucleare, soprattutto tra europei», sottolinea ancora Anna Maria Merlo. Ieri, Germania, Austria, Lussemburgo, Portogallo, Danimarca, Irlanda e Spagna hanno espresso a Glasgow il rifiuto di mettere l’energia nucleare nei progetti europei. L’Italia non ha partecipato.
Lo scienziato dell’Ipcc e autore delle «warming stripes», spiega perché il bivio a cui si trova oggi il pianeta è inaggirabile: «La scienza ormai è chiara. Finora la Terra si è scaldata di 1,1 gradi. Per provare a stare sotto l’1,5 bisogna dimezzare entro il 2030 le emissioni di CO2 e arrivare allo “zero netto” nel 2050. Troppe promesse alla Cop26 – avverte – Servono impegni concreti e puntuali in ogni paese, altrimenti supereremo la soglia di intervento»